A pochi giorni dalla tragedia del terremoto che ha devastato la Turchia e il nord della Siria, il dibattito pubblico si è spesso soffermato su un tema molto controverso, che in questo momento particolare costituisce uno dei principali ostacoli agli aiuti umanitari in Siria: le sanzioni economiche internazionali.
In questi anni di guerra e di nuovo recentemente Associazione Pro Terra Sancta, insieme ad almeno altre 40 ong che operano sul territorio, ha lanciato un appello affinché vengano rimosse, o almeno attenuate, le misure restrittive contro la Siria così da facilitare l’arrivo degli aiuti umanitari.
Ma di cosa si tratta? Quali sono i motivi delle sanzioni imposte alla Siria e quali le conseguenze presunte o effettive? Cosa sta succedendo oggi?
In questo articolo ripercorriamo, non in maniera esaustiva, la storia delle sanzioni e in particolare del Caesar Act e dialoghiamo con Giacomo Gentile, responsabile Paese in Siria.
L’introduzione delle sanzioni contro il regime di Bashar al-Assad
Un mese fa, il dipartimento del Tesoro statunitense ha deciso di sospendere per sei mesi una delle numerose sanzioni che da dodici anni costringono la Siria a un isolamento internazionale dagli effetti devastanti.
Per sanzione si intende la conseguenza giuridica negativa che l’ordinamento riconnette a un’azione antigiuridica, qualificata come illecita.
Le sanzioni in atto oggi in tutta la Siria sono state introdotte nel 2011 da molteplici Paesi, con Stati Uniti e Unione Europea a capo, con lo scopo di danneggiare il governo di Damasco che dice il provvedimento “aveva perpetrato una crudele repressione di civili innocenti” durante la guerra civile – Primavera araba - cominciata nelle principali città siriane nel marzo di quell’anno.
Da quel momento i pacchetti di sanzioni che si aggiungeranno anno dopo anno miravano a rafforzare l’intento di punire il presidente siriano Bashar al-Assad e tutti i gruppi e individui a lui vicini o in affari con il regime.
A fine maggio 2022 il Consiglio dell’Unione Europea ha prorogato di un altro anno, fino al 1° giugno 2023, le misure restrittive contro il regime siriano. Nel comunicato stampa pubblicato a maggio ha inoltre dichiarato che le personalità soggette a congelamento di beni e divieto di viaggio sono 289.
Le sanzioni si rivolgono, come nel caso della Siria, anche alle società e agli imprenditori che intrattengono attività di business con il regime di Assad accusati di violazioni gravi.
Caesar Syria Civilian Protection Act of 2019
Nel dicembre del 2019, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha introdotto la legge “Caesar Syria Civilian Protection Act of 2019”, approvata dal Congresso USA ed entrata in vigore nel giugno del 2020.
Il cuore della legge sono le sanzioni per fare pressione sul governo siriano e la sua cerchia di uomini affinché cessino “le violenze che logorano i diritti fondamentali delle persone”.
Le misure restrittive, inoltre, sulla carta hanno lo scopo di risolvere il sanguinoso conflitto attraverso la partecipazione seria e costruttiva ai negoziati di pace.
Leggendo il testo vediamo che le sanzioni mirano a colpire qualsiasi individuo che offre coscientemente sostegno al governo di Bashar al-Assad attraverso supporto militare, tecnologico e finanziario e che guadagna attraverso la vendita di beni, servizi, tecnologia, informazioni aumentando la produzione interna siriana di petrolio e gas naturale.
Il Caesar Act include anche un embargo sulle importazioni di petrolio, il congelamento dei beni della Banca centrale siriana conservati nell’Unione Europea, restrizioni su numerosi investimenti e sull’esportazione di tecnologia che possa essere utilizzata per reprimere le rivolte dei ribelli.
In breve, la legge sanziona chiunque sostenga i settori militare, commerciale, edilizio, energetico e ingegneristico di Damasco. La sezione 7431 dell’atto prevede la sospensione delle sanzioni nel caso in cui il governo siriano si impegni a rispettare i diritti umani del suo popolo.
Le orribili conseguenze delle sanzioni
Mentre sulla carta tutte queste sanzioni imposte negli anni avevano lo scopo di indebolire il presidente siriano Bashar al-Assad, al potere dal 17 luglio del 2000, la realtà è esattamente l’opposto.
Le conseguenze sulla vita, o sopravvivenza, del popolo siriano sono state evidenti sin dall’inizio: i prezzi per gli alimentari di base in 11 anni sono aumentati almeno 27 volte; l’elettricità, come abbiamo più volte ricordato, è garantita per due ore al giorno; la distribuzione del pane è calata del 75% e quella della carne del 90%. Il mercato nero vende beni e servizi a prezzi inaccessibili per moltissime famiglie e circa il 70% dei medici in Siria o è morto dal 2011 o ha lasciato il Paese.
Oggi la povertà estrema sfiora il 90% della popolazione e le misure restrittive bloccano o ostacolano fortemente gli sforzi per rilanciare l’istruzione e la ricostruzione di edifici, abitazioni, strade e ospedali.
In tale scenario, la beffa più grande, ma forse prevedibile: il presidente Bashar al-Assad non solo non è stato toccato dalle sanzioni, ma punta ora a giocare un ruolo cardine nello scacchiere mediorientale.
E gli aiuti umanitari?
Stando anche solo un giorno in Siria, risulta evidente la disperazione di uomini, donne, bambini e anziani siriani. Una disperazione riassunta nell’appello di padre Elias Maraashli Haddad che scongiura la comunità internazionale a rimuovere le sanzioni perché «il popolo non ha più forze per vivere».
Eppure, nel “Caesar Syria Civilian Protection Act of 2019” si legge nero su bianco una sezione dedicata alla Strategia per facilitare gli aiuti umanitari. È la sezione 7426 e afferma quanto segue: il Presidente informerà le commissioni congressuali competenti sulla strategia del Presidente per contribuire a facilitare la capacità delle organizzazioni umanitarie di accedere ai servizi finanziari per facilitare la consegna sicura e tempestiva dei beni”. La successiva sezione dichiara che le sanzioni saranno revocate sele aree assediate dal governo della Siria, dal governo della Federazione Russa, dal governo dell'Iran o da una persona straniera […] non sono più escluse dagli aiuti internazionali e dalle attività di assistenza e hanno regolare accesso all'assistenza umanitaria, alla libertà di viaggio e all'assistenza medica».
A riguardo, abbiamo chiesto a Giacomo Gentile, responsabile paese di Pro Terra Sancta in Siria, di raccontarci la sua esperienza nella realtà degli aiuti umanitari che offriamo in Siria dal 2012.
Giacomo, le sanzioni imposte da oltre un decennio al governo di Bashar al-Assad hanno portato milioni di uomini, donne e bambini a una crisi umanitaria e finanziaria senza precedenti e oggi possono fare affidamento solo agli aiuti umanitari internazionali. Com’è la vita quotidiana sotto le sanzioni?
Una delle tante e gravi conseguenze delle sanzioni alla Siria è l’aver interrotto moltissime transazioni da parte di banche occidentali verso Damasco. La maggior parte di agenzie e banche in Europa, infatti, quando c’è da fare un bonifico sulla Siria si oppongono o si ritirano per paura di incorrere nelle sanzioni, indipendentemente dal fatto che si tratti di ragioni umanitarie o meno.
Si capisce che il rischio di cadere nelle sanzioni è alto.
L’altra cosa importante da tenere a mente è che non è consentito in alcun modo il bonifico tra privati. Una persona che ha i genitori in Siria, per esempio, non può mandare il bonifico diretto alla sua famiglia. Questo va di fatto a isolare il paese. Per esempio, di recente mi spiegavano che molti degli ucraini che sono sfollati in Italia, inviano aiuti alla famiglia, mentre in Siria non è possibile farlo. È impossibile perché di fatto questa non sarebbe una transizione a fini umanitari.
Non vi sono eccezioni per il terremoto?
Per il terremoto pare di sì. Si stanno smuovendo le cose sia per l’invio di denaro da parte delle banche occidentali che per l’invio di materiali. C’è meno controllo burocratico sui beni di prima necessità in ingresso nel Paese e così come per i bonifici: la stessa Banca centrale siriana ha detto che nel momento in cui si mette come causale del bonifico l’aiuto per il terremoto il tasso di cambio che viene utilizzato in banca sarà uguale a quello del tasso di cambio reale.
Pensi che le sanzioni debbano essere rimosse?
Penso che certamente si debbano o togliere o almeno rimodulare le sanzioni: sono ancora tutte settate sul modello 2014-2015! Ora dopo 12 anni penso vadano riviste perlomeno per colpire chi dovrebbero e non ridurre la popolazione in miseria. Per esempio con l’emergenza terremoto i privati devono potersi aiutare. Vedo degli elementi positivi perché per la prima volta molti stati europei desiderano portare un’istanza comune per le sanzioni, soprattutto quest’anno visto il terremoto. E questo prima non c’era mai stato.
Forse questa disgrazia del terremoto porterà effettivamente ad un primo passo verso la revisione.
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Sono tante le famiglie costrette oggi a vivere in tende e rifugi di fortuna, al freddo e senza sapere quando e se potranno ritornare nelle proprie case. Molti sono bambini che fin dalla nascita non hanno visto altro che macerie, violenza e lutti.
La nostra presenza in Siria non li ha mai abbandonati e oggi, dopo l’ennesimo trauma del terremoto, siamo pronti a ricostruire e riprendere i progetti con fede, speranza e impegno.
Una prima squadra di ingegneri italiani è partita due giorni fa per raggiungere le città siriane e verificare la condizione delle abitazioni. È un primo prezioso passo di ricostruzione per restituire, quanto possibile, un minimo di quotidianità che ridona serenità.
EMERGENZA TERREMOTO: NON LASCIAMO SOLI I SIRANI
Di seguito alcune immagini dai giorni immediatamente successivi al terremoto ad Aleppo.