“E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.” (Mc. 7,33-35)
Da questo passo del Vangelo nasce la scuola Effatà, che da più di cinquant’anni si occupa di ridonare la voce a centinaia di bambini e ragazzi. Un gruppo di suore, infatti, ha fatto di questo compito la missione di una vita, come ci ha raccontato suor Carmela, in una nostra visita a questa associazione. Tutte loro si sono impegnate in studi di logopedia e logoterapia e adesso lavorano insieme a tanti medici e personale sanitario di Betlemme per tenere attiva l’unica scuola per bambini sordo muti della Palestina.
Suor Carmela, che da 50 anni è in missione in Medio Oriente, ci racconta che proprio per questo dei 200 bambini che frequentano la scuola solo pochissimi sono di Betlemme, mentre gli altri vengono da tutte le città della Cisgiordania.
“Noi seguiamo questi bambini dai primi anni dell’asilo fino all’esame di maturità ed bellissimo notare che attraverso questo percorso non solo imparano a parlare, ma imparano ad accettarsi e ad amarsi: così fioriscono come persone.”
Un breve giro attraverso la scuola dimostra chiaramente questo percorso. Passando attraverso le classi semivuote delle elementari i bambini sono timidi e nonostante gli incoraggiamenti delle maestre ancora faticano a parlarle. Invece, entrare nelle ultime classi delle scuole superiori è un’esperienza completamente diversa. Qui si viene scrutati da migliaia di ragazzi con apparecchi acustici che ti tempestano di domande, pieni di curiosità e di desiderio di interrompere la lezione il più a lungo possibile.
“È un momento molto difficile per noi” continua Carmela“tutte le città della Palestina sono sperate da checkpoint controllati da Israele, e con la guerra e i checkpoint chiusi quasi tutti i nostri ragazzi sono rimasti bloccati nelle loro città.” Questo costringe le insegnanti della scuola a tenere lezioni online, cosa che rende veramente difficile insegnare la lettura del labiale, arabo e inglese, a questi bambini. Comunque, le attività nella scuola continuano al massimo delle loro possibilità. Ma il totale isolamento di Betlemme dal resto della Palestina causa anche diversi problemi di rifornimento: i pezzi di ricambio degli apparecchi acustici sono molto costosi e molto rari e l’unico modo che le suore avevano per ottenerli era importarli dalla vicina Giordania, ma con i confini chiuso sempre più ragazzi rischiano di rimanere senza i loro apparecchi acustici e rendendo ancora più difficile la loro formazione.
L’amore che queste suore hanno deciso di donare agli ultimi è tale da andare anche oltre le molte divisioni che affliggono la terra santa che questa guerra continua ad alimentare. Tanto è vero che nella loro scuola solo uno studente sui 200 totali è cristiano, mentre gli altri sono tutti musulmani.
“Abbiamo anche una insegnante di religione islamica che insegna ai ragazzi musulmani le preghiere e legge insieme a loro il Corano. Certo noi siamo cristiane, ma ci teniamo che ognuno di loro possa conoscere al massimo la propria religione e da lì possa crescere come persona e come fedele. Noi non possiamo fare altro che volerli bene a prescindere da tutto, per il resto la loro storia è nelle mani di Dio.”