«In un umile quartiere di Damasco, in Siria, vivevamo insieme come una piccola famiglia: mio marito Riyad, i nostri quattro figli e io, Amal. Nonostante le difficoltà, trovavamo gioia nella nostra semplice esistenza. Tuttavia, la vita porta spesso tragedie inaspettate»
«In generale, la situazione è ancora complicata dopo quanto accaduto sulla costa. Qui la gente è stressata perché tutte le speranze riposte nel nuovo governo sono svanite: i Drusi e le minoranze cristiane stanno iniziando a temere di restare in Siria. Molti stanno cercando visti per il Canada, l'Australia, o altri paesi, specialmente i cristiani».
Ayham Khouly, project manager di Pro Terra Sancta a Damasco, racconta una Siria divisa, impaurita, instabile: il governo non riesce a conquistare la fiducia della popolazione, né della comunità internazionale: «La conferenza di Bruxelles ha reso evidente la mancanza di fiducia nel governo siriano: la riduzione dei fondi destinati al governo attuale riflette la mancanza di fiducia degli altri Paesi, dopo gli eventi sulla costa».

Anche la situazione economica si fa «sempre più complicata»: la Banca Centrale Siriana ha introdotto una serie di misure restrittive, volte a limitare lo scambio di denaro tra i conti correnti del Paese. «Le commissioni sui cambi e sui prelievi sono aumentate in modo esorbitante per cambiare dollari o euro in lire siriane, partendo dal 4% minimo fino ad arrivare al 7/8%». Perché allora non usare direttamente i dollari? «Ne abbiamo a disposizione, ma non possiamo usarli liberamente perché il mercato non funziona ancora con questa valuta.»
«Se decidessimo di convertire in dollari tutti gli investimenti e i pagamenti dei nostri progetti qui, dovremmo riorganizzare completamente la nostra strategia con i beneficiari: dovremmo emettere nuovi voucher in dollari, rivalutare i bisogni delle persone con nuovi need assestments…». Sarebbe dunque un processo che richiederebbe molto tempo, «almeno un mese di lavoro», e nel frattempo chi oggi sopravvive grazie agli aiuti umanitari si troverebbe nuovamente solo.
È una cosa che non possiamo e non vogliamo permettere: le famiglie che aiutiamo hanno bisogno di sentirsi sicure e seguite sempre, perché spesso hanno alle spalle troppe storie di perdita e dolore per affrontare un nuovo abbandono. Alcuni traumi poi sono sopraggiunti d’improvviso, in mezzo alle bombe e alla paura quotidiana, spezzando un equilibrio fragile costruito con fatica nel tempo. È la storia di Riyad, padre amorevole e coraggioso; in un giorno d’estate il suo cuore si è fermato, lasciando la sua compagna di una vita, Amal, e i loro quattro bambini soli a fronteggiare le difficoltà del presente e del futuro.
Riyad e Amal: la tragedia inattesa
“In un umile quartiere di Damasco, vivevamo insieme come una piccola famiglia: mio marito Riyad, i nostri quattro figli—Maya, Diyala, Majed e Yazan—e io, Amal. Nonostante le difficoltà della vita, trovavamo gioia nella nostra semplice esistenza. Riyad lavorava come operaio in un piccolo negozio di alimentari per sostenere la famiglia, mentre io avevo un lavoro modesto che contribuiva a coprire parte delle spese. Riyad era un padre amorevole che lavorava instancabilmente per garantire un futuro luminoso ai nostri figli. Insegnava loro ogni giorno il valore del duro lavoro e della perseveranza.
Tuttavia, la vita porta spesso tragedie inaspettate. Un giorno, mentre tornava a casa, Riyad avvertì un dolore acuto al petto: i suoi passi divennero incerti e, improvvisamente, crollò a terra. Fu trasportato d’urgenza in ospedale, ma nel giro di poche ore ci lasciò a causa di un improvviso attacco di cuore, lasciandomi sola con i nostri quattro figli e senza un sostegno economico.
Lo shock della sua perdita fu devastante. Mi sembrava che il terreno mi fosse stato strappato da sotto i piedi. Come avrei potuto mantenere i miei figli da sola? Il mio misero stipendio copriva a malapena una minima parte delle nostre spese, mentre le responsabilità continuavano ad accumularsi giorno dopo giorno. Mi sentivo intrappolata tra il peso della maternità, il lavoro e il dolore opprimente che mi stringeva il cuore».
Amal mentre racconta è seduta sul divano di casa sua: dai capelli raccolti sulla nuca sfugge qualche ciocca mentre lei parla. Quando arriva al momento più buio del racconto, i suoi occhi corrono verso il basso, timorosi forse di guardare dritto verso quel giorno che ha distrutto per sempre la sua preziosa famiglia. Parla di Riyad e si mordicchia le dita, come a cercare di inghiottire la rabbia e il dolore che quei ricordi le riversano nel petto.

«Nel mezzo di questa crisi, venni a conoscenza di Pro Terra Sancta. Senza esitazione, mi rivolsi a loro in cerca di aiuto: il team mi ha accolto con calore, ascoltando la mia storia con attenzione ed empatia. Senza perdere tempo, hanno visitato la mia casa per valutare tutte le nostre necessità, e ci hanno inclusi nel loro programma di assistenza alimentare. Questo sostegno fu molto più di un semplice aiuto temporaneo: fu una vera e propria ancora di salvezza. Ho iniziato a ricevere assistenza alimentare tramite il programma tre anni fa e, da allora, non mi sono più sentita sola nella mia lotta quotidiana. Sono riuscita a garantire ai miei figli pasti quotidiani, il che mi ha dato un senso di sicurezza e stabilità.
Non ce l’avrei fatta senza il supporto di Pro Terra Sancta. Continuano ad aiutarmi e a sostenere la mia famiglia, sono stati per noi un vero pilastro di forza, aiutandomi a rialzarmi quando ero sul punto di crollare. Grazie a Dio, ora la mia figlia maggiore, Maya, lavora e mi sostiene: ha imparato da me i valori della perseveranza e del duro lavoro, ha completato i suoi studi e ha iniziato a lavorare, affiancandomi nelle spese domestiche».