In Siria tornano le proteste. Affollano i nostri giornali le immagini dei siriani stanchi di una situazione ormai insostenibile. La crisi politica e sociale ha messo in ginocchio un paese che adesso sta alzando la testa contro il governo, accusato di non fare nulla per migliorare le condizioni della popolazione.
I video che arrivano da Al Suwayda ricordano molto le proteste di dodici anni fa, quando l’eco delle primavere arabe arrivò anche nel paese degli Assad. Negli anni più duri i civili si sono compattati attorno al presidente, certi che fosse una garanzia contro l’estremismo jihadista, ma oggi non sopportano più questa situazione, diventata un cancro sociale ed economico di difficile cura.
La situazione attuale
Per fare il punto sulla situazione abbiamo intervistato padre Fadi, che dal 2015 opera e vive in Siria, a Latakia. “Da mesi le persone hanno smesso di chiedermi soldi, mi chiedono soltanto: ‘Abuna, aiutaci a scappare da qui’. Veramente stiamo vivendo la preghiera del Padre Nostro: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’, qui non c’è più speranza per il futuro.” Con voce commossa e ferma padre Fadi ci racconta del dramma che ogni giorno vive il popolo siriano: “Il salario medio di un dipendente statale è di 250.000 lire siriane, al giorno 1 euro vale 15.0000 lire siriane. Lo stipendio di un mese equivale a neanche 20 euro. Un litro d’olio di semi costa 30.000 lire, un kg di caffè 80.000. Le famiglie avrebbero bisogno di almeno tre milioni di lire al mese per arrivare a fine mese, ma spesso non arrivano a 500.000.” Il racconto va avanti, e padre Fadi ci confida che nel paese si muore di fame per strada, persino i padri di famiglia musulmani vengono in lacrime alla porta della parrocchia per cercare un conforto e un aiuto, incapaci di sfamare i propri figli. Come se non bastasse aggiunge: “Il problema non è solo il cibo: anche le operazioni mediche sono diventate costosissime, costano milioni di lire siriane, e anche le medicine hanno prezzi spropositati che le famiglie non possono permettersi.”
“Tante persone adesso stanno scappando clandestinamente in Libano. Anche lì c’è crisi, ma da qualche mese la situazione è precipitata. Il governo ha raddoppiato i salari, ma i prezzi sono cresciuti di 10 volte in pochissimo tempo. A inizio anno qui in parrocchia pagavamo un litro di gasolio 800 lire siriane, adesso lo paghiamo 8000.”
La condizione del popolo siriano
Dal racconto di Fadi emerge il quadro di una Siria Martoriata, ed è opinione comune che il popolo siriano soffrisse di meno durante la guerra: “Vivo in Siria dal 2015, non ho mai visto una situazione del genere. Anche noi sacerdoti stiamo perdendo la speranza e la pazienza. Non sono siriano, ma ormai mi sento parte delle sofferenze di questo popolo.” Mentre parla con noi Fadi viene preso da un moto di commozione, a dimostrazione di come nel giro di pochi anni persone che prima conducevano una vita normale e dignitosa si siano ritrovate a non avere di che sfamare la propria famiglia: “Tredici anni fa la situazione era molto diversa… la Siria non è più la stessa. Ogni giorno è peggio.”
Infine ci racconta che il governo non rilascia nessun tipo di aiuto alle persone in difficolta e così le famiglie dipendono solamente dagli aiuti delle ONG che operano in Siria: “Le persone della parrocchia dipendono interamente dagli aiuti di Pro Terra Sancta, ma non sono mai abbastanza. Ringraziamo l’associazione per le strutture che ci ha fornito e perché continua a sfamare tante persone bisognose. Preghiamo per i nostri benefattori e perché qualcosa qui possa cambiare, per il bene del popolo siriano.”
Intanto, ci sono i primi morti dopo i combattimenti nel nord-est della Siria tra l'esercito siriano e le fazioni filo-turche hanno causato 23 morti, dopo che i miliziani pro-Ankara hanno cercato di infiltrarsi nella regione. Un altro brutto segno.