“Per noi essere qui è un privilegio, un’occasione unica che pochissimi nostri coetanei possono avere in questo momento, quindi grazie di cuore”. A parlare è Rand, 25 anni, in visita in Italia insieme a Vialet, di qualche anno più giovane. Sono siriane e vengono da quella che, secondo una recente classifica dell’Economist, è la città più invivibile al mondo: Damasco. Qui infatti, nonostante da tempo non vi siano più combattimenti in corso, le cose non vanno per niente bene.
C’è fame a Damasco, e moltissima povertà; a causa dei lunghi anni di guerra certo, ma soprattutto a causa delle sanzioni economiche imposte dall’estero. Vista la situazione precaria in cui ancora verte il Paese, è molto difficile entrare o uscire e partecipare a iniziative come quella a cui partecipano Rand e Vialet in questo mese in Italia.
L’iniziativa si colloca all’interno di un progetto sostenuto da Associazione pro Terra Sancta e portato avanti da alcuni membri dell’associazione Restauratori Senza Frontiere (RSF), che dal 2018 seguono alcuni restauri di opere artistiche all’interno del convento francescano di Bab Touma a Damasco. I restauratori hanno già compiuto due spedizioni in Siria con l’intento di effettuare i restauri con il coinvolgimento di alcuni universitari locali.
Tra questi c’erano appunto Rand e Vialet, che quest’estate sono state invitate a partecipare ad alcune sessioni di restauro portate avanti da RSF a Roma e Rapallo. E tra una sessione e l’altra, hanno avuto l’occasione di visitare le principali città italiane e vedere le più importanti opere artistiche.
“Io oggi lavoro come grafica per una compagnia telefonica in Siria - racconta Rand - ma sono laureata in Beni Culturali e per me è stato davvero emozionante vedere il Colosseo, la Torre di Pisa e molte altre testimonianze archeologiche e artistiche…tutte cose che avevo visto solo sui libri e potevo solo immaginare!”.
Anche per Vialet è stata un’esperienza indescrivibile. Lei studia ancora, è iscritta al secondo anno di Archeologia. “Per me – dice – questa è un’occasione preziosissima, che mi darà moltissime occasioni in futuro. Pochi studenti del mio corso hanno opportunità di uscire dal Paese e vedere quello che ho visto io in questo momento, e anche dal punto di vista professionale è un bel vantaggio”.
Vialet non vede l’ora di terminare gli studi e mettersi al lavoro. “In Siria – dice – abbiamo un enorme patrimonio archeologico che è stato in larga parte distrutto o danneggiato dal conflitto, ed è un peccato perché per me l’archeologia è lo studio del passato nel tentativo di risalire alla nostra origine. Distruggerlo significa perdere la via che ci ricorda la nostra origine. Dovremo recuperare questa memoria e non vedo l’ora di iniziare. I miei studi, l’esperienza con RSF e tutto il lavoro di formazione sulle opere danneggiate e questo viaggio in Italia, sono elementi che mi aiuteranno a svolgere al meglio questo lavoro. Per questo vi sono immensamente grata dell’opportunità”.