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La Pasqua QUI a Gerusalemme per i volontari di ATS pro Terra Sancta

23 Aprile 2019
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La Pasqua QUI a Gerusalemme per i volontari di ATS pro Terra Sancta
La Pasqua QUI a Gerusalemme per i volontari di ATS pro Terra Sancta
HIC, latino per “qui”, è una parola ricorrente nelle liturgie francescane per la Pasqua, l’avverbio latino è fortemente connesso ai luoghi che segnano i momenti della Passione di Cristo: qui al Monte Sion Gesù celebrò la cena Pasquale con i suoi discepoli, qui al Getsemani Gesù pregò il Padre prima di essere arrestato, qui venne condannato alla morte in croce, qui ha risuonato durante la lettura evangelica della Veglia Pasquale al Santo Sepolcro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto” (Lc 24, 5-6) così annunciano gli angeli alle donne giunte al Sepolcro. Qui, a Gerusalemme, chi ha l’opportunità di trovarsi nella Città Santa in questi giorni vive un’esperienza unica. Tra i fortunati, oltre ai tantissimi pellegrini che arrivano da tutto il mondo appositamente per l’occasione, ci sono anche i tanti volontari di ATS pro Terra Sancta. Abbiamo chiesto ad alcuni di loro di raccontarci la loro esperienza e spiegarci cosa significhi essere qui durante questo periodo. Per Eleonora, venticinquenne neolaureata in storia dell’arte, è la prima volta a Gerusalemme; ci confessa, che pur essendo credente, non aveva sentito un particolare desiderio di visitare la Città Santa: “La mia fede non ne sentiva l’esigenza perché va al di là della fisicità del luogo, ma partecipando alle cerimonie francescane ho capito il valore storico di dove mi trovo”. Eleonora a Gerusalemme mette a servizio i suoi studi per aiutare ATS pro Terra Sancta e i frati francescani nella conservazione dell’immenso patrimonio artistico e culturale. Anche la sua collega Anaïs, volontaria di nazionalità francese, grazie al suo servizio, ha riscoperto il senso di alcuni valori della tradizione cristiana: “Interessantissimo è il momento Processione Funebre il Venerdì Santo sul Calvario: grazie ai francescani ho scoperto tradizioni che abbiamo perso in Occidente. Partecipare alle liturgie con la comunità locale e con i pellegrini di tutto il mondo mi ha fatto sentire parte della Chiesa universale”. Per lei, giovanissima, è la prima esperienza all’estero: “Non nascondo che stare lontano dalla propria famiglia il giorno di Pasqua sia un sacrificio, ma è un sacrificio che voglio fare nel nome di Cristo”. Non per tutti è la prima Pasqua trascorsa a Gerusalemme: per Martina, 25 anni, volontaria nella Biblioteca Generale dello Studium Biblicum Franciscanum, è il secondo anno: “Quando Gerusalemme diventa la tua casa, nella frenetica vita quotidiana, si tende a dimenticare ciò che è avvenuto duemila anni fa, ma condividere con i frati e gli altri volontari momenti come la Domenica delle Palme e seguire un percorso di fede attraverso le liturgie mi aiuta a focalizzarmi sulla cosa più importante: tutto è successo qui”. Martina, oltre al suo impegno in biblioteca, aiuta i frati novizi nello studio della lingua italiana (i frati francescani provenienti da tutto il mondo devono, infatti, conoscere la lingua di San Francesco). Come lei, anche Marta, 50 anni, e Andrea, 26, insegnano italiano ai giovani seminaristi di Betlemme. “I miei studenti mi stanno aiutando a vivere la Pasqua con maggiore intensità” ci dice Andrea, “correggendo le loro omelie e riflessioni mi trovo a meditare con loro su questo evento che ha cambiato il mondo”. “Anche io ho condiviso molti momenti di preghiera con i miei studenti” aggiunge Marta, “A Betlemme i ragazzi giovani partecipano con le loro famiglie a questi riti, molto più che nella mia parrocchia a Milano!” Stare in famiglia è molto importane nei momenti di festa, ma tutti i volontari concordano nel dire che, sebbene sia difficile essere lontano dai propri cari, l’opportunità di essere a Gerusalemme nei giorni pasquali vale il sacrificio. È così anche per Antonio e Massimo, due sessantenni appena andati in pensione, l’uno del caldo Sud e l’altro di Milano, nati a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, amano definirsi i “gemelli diversi”. Entrambi hanno lasciato per alcuni mesi le loro famiglie in Italia per dedicarsi ad un’esperienza di volontariato in Terra Santa. Antonio, presso il Terra Sancta Museum, il museo archeologico dello Studium francescano situato alla prima stazione della via Dolorosa, ha sperimentato la diversità della partecipazione alla fede cristiana: “L’intero mondo cristiano è passato davanti ai miei occhi mentre lavoravo: nel luogo in cui Gesù fu condannato e flagellato ho visto l’universalità del messaggio di Cristo”. Anche Massimo è stato colpito dalla folla che giunge in questi giorni. “La confusione nelle vie e nei Luoghi Santi inizialmente mi spaventava, ma mi ha fatto pensare al tempo di Gesù: al caos del mercato che ci sarà stato e alle persone che, forse, non prestavano attenzione ad un uomo che a fatica, percorrendo le stesse vie in cui cammino oggi, portava una croce sulle spalle.” Chi si trova a vivere qui per un periodo prende confidenza con questi luoghi, impara a conoscerli e a vederne il messaggio universale a volte nascosto nella quotidianità di una città turistica come la Gerusalemme di oggi. Ma qui si realizzano le parole profetiche del Maestro che, quando viene rimproverato dai farisei per la confusione creata dalla folla festante e gioiosa che lo accoglie sul monte degli Ulivi il giorno delle Palme, risponde: “Io vi dico che, se questi (le folle) taceranno, grideranno le pietre”. (Lc 19, 39).
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