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Gerusalemme deserta: un Natale in Terra Santa

10 Gennaio 2025
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Gerusalemme deserta: un Natale in Terra Santa
Gerusalemme deserta: un Natale in Terra Santa

Una città «deserta», «quasi immobile»: è questa la Gerusalemme che Andrea e Giacomo portano con sé sul volo che da Tel Aviv li riporta a casa, a Milano, in un giorno di inizio gennaio.

Il Natale in Terra Santa, di solito ricco di persone, sorrisi, celebrazioni e viaggi, quest’anno ha avuto un sapore diverso. Più che di un momento di festa, i nostri colleghi Andrea Avveduto e Giacomo Pizzi, recatisi in Medio Oriente da Natale ai primi di gennaio, serbano il ricordo di un periodo sospeso tra tensione e silenzio.

«Abbiamo trascorso la maggior parte del viaggio a Gerusalemme, spingendoci poi prima a sud, tra Betlemme, Betania e Gerico, e poi verso nord, in Samaria, toccando Sebastia e Ramallah», racconta Giacomo. Se il solo nome di questi luoghi evoca storie antiche, rivelazioni e profeti, oggi essi sembrano avvolti in una desolazione quasi surreale.

«È stato strano trascorrere le feste in Terra Santa,» commenta Andrea, «perché di solito è un periodo dove ci sono tantissimi pellegrini, tantissimi turisti che arrivano per passare il Natale a Betlemme e poi colgono l'occasione per visitare un po' tutti i luoghi intorno. Invece abbiamo visto un Santo Sepolcro deserto». «Io avevo già passato un Natale in Terra Santa», aggiunge Giacomo, «ma questa volta l’atmosfera era molto diversa, direi quasi “pacata”: non c'era alcuna celebrazione, niente che desse l’impressione di trovarci in un periodo festivo».

«Persino la Basilica della Natività, solitamente gremita di pellegrini e di voci da ogni angolo del mondo – soprattutto a Natale, ovviamente – era quasi vuota: solamente pochi religiosi e qualche membro della comunità locale hanno attraversato le sue navate, anche loro in silenzio. In più quest’anno», spiega Andrea, «le festività natalizie coincidevano con Hannukah, la festa ebraica: questa coincidenza ha acuito l’alienazione che si percepiva camminando per le città immerse in una quiete irreale». Una quiete che, tuttavia, non riesce a mascherare del tutto la paura che si respira tra le persone del posto.

La guerra, sebbene distante dai luoghi visitati dai nostri colleghi, fa sentire ogni giorno la sua presenza. Una notte le sirene antiaeree hanno rotto il silenzio per l’arrivo di missili provenienti dallo Yemen: «Nessuno si è particolarmente allarmato, sembra quasi che nessuno ci faccia caso, ma sotto la superficie», spiega Giacomo, «c’è molta paura. È una paura muta, diffusa, che accompagna la quotidianità».

«Molte persone sembrano ormai sfiduciate, non hanno speranza nel futuro. E questa», aggiunge Andrea, «è una condizione che si vede sia negli arabi che negli ebrei, sia nei palestinesi che negli israeliani. A livello di politica estera, purtroppo, in Israele il governo di Netanyahu gode ancora di buoni consensi. E questo, ovviamente, è un problema».

«È un problema perché significa che i due popoli, ormai, sono definitivamente lontani: ci vorranno chissà quanti anni per ricostruire le relazioni, per riconquistare quella fiducia che è andata ormai perduta». Però esiste una resistenza silenziosa, fatta di legami sottili e di momenti di condivisione: «Ci sono ancora punti di contatto», continua Andrea, «luoghi di lavoro dove arabi ed ebrei collaborano, dove cercano di costruire qualcosa insieme».

È in questi frammenti di umanità che si intravede una speranza, è verso questa costruzione virtuosa che i viaggi e i progetti in Terra Santa trovano il terreno fertile dove mettere radici. Il racconto di Giacomo e Andrea illumina, accanto alle strade stranamente vuote sotto un Natale diverso dal solito, una Terra Santa che chiede ascolto. Chiede di non essere dimenticata, di essere raccontata nelle sue ombre e nelle sue luci, nei silenzi e nei sorrisi dei momenti di condivisione.

«Vi racconteremo ancora di questo viaggio, difficile ma meraviglioso, nato per dare vita a un progetto nuovo e, per noi, importantissimo ed emozionante». La prima tappa di questo viaggio si chiude così, sulla prospettiva di una realtà complessa nella quale alla paura e al dolore si intrecciano la quotidianità e il desiderio di costruire, di ricordare.

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