“Sabato mattina verso le 8:30 mi sono svegliata e ho letto la notizia che Hamas era riuscito a penetrare in Israele. Mezzora dopo abbiamo iniziato a sentire le prime sirene e ci siamo tutti riuniti in cucina. Israele aveva dichiarato lo stato di guerra.” Con queste parole Maryam, una degli otto operatori volontari del servizio civile presenti con Pro Terra Sancta a Gerusalemme, racconta i primi momenti di preoccupazione vissuti la mattina del 7 ottobre. Un evento totalmente inaspettato che ha gettato l'intera regione in una situazione di incertezza e paura. Siamo continuamente esposti alle immagini strazianti delle vittime di questi giorni e al numero sempre in aumento dei feriti.
Quindici volontari italiani stanno ora svolgendo l’anno di servizio civile a Gerusalemme e Betlemme con Pro Terra Sancta. In un momento storico così drammatico, le testimonianze dirette di coloro che si trovano ad un passo da questi eventi possono darci una prospettiva unica. “Abbiamo sentito due colpi, di cui uni più vicino che ha fatto tremare le vetrate di casa”, continua Maryam. “Non posso dire di sentirmi in vero pericolo qui a Gerusalemme, ma è angosciante sapere che sono a pochi chilometri a da quello che sta accadendo a Gaza. A preoccuparci maggiormente è l’imprevedibilità degli eventi. Penso al risvolto che tutto questo avrà, a come cambierà la quotidianità della popolazione locale”. Noemi spera solo “che si possa convivere in un territorio così multilingue e multietnico e multi religioso pieno di tesori della storia, quale è la Terra Santa”. Jacopo si è svegliato la mattina del 7 ottobre in un paesino vicino a Gerusalemme chiamato Abu Gosh, “un luogo isolato dove mi trovavo con degli amici. Il mio risveglio è stato accompagnato dalle esplosioni delle bombe e dei razzi lanciati dalla contraerea israeliana, che si facevano sempre più vicini. Ho assistito impotente al lancio di un razzo che si è schiantato a meno di un chilometro dal nostro hotel”. Nonostante la situazione fosse critica, fortunatamente non ha mai avvertito un pericolo immediato per la sua incolumità: “non sapevamo se il checkpoint che ci separava da Betlemme, dove la maggior parte di noi risiede, sarebbe stato aperto o chiuso. Per fortuna, un frate francescano che era con noi aveva un pulmino e grazie al suo abito religioso, aveva più possibilità di passare ai checkpoint israeliani. Ha preso con sé le tre famiglie palestinesi e le ha riportate al checkpoint di Betlemme, consentendo loro di fare ritorno a casa. Nel frattempo, il gruppo rimasto ad Abu Gosh attendeva con ansia”. Anche Lucia racconta: “nonostante la situazione a Gerusalemme sia relativamente tranquilla, si percepisce il clima di tensione. Fino a ieri erano pochissimi i negozi aperti e dento la città vecchia mancava il solito caos che di solito la anima. Il timore iniziale ha lasciato spazio al pensiero di tutte le vittime innocenti che questa guerra sta causando. Sembra impossibile che non si possa avere la pace in questi luoghi. Penso alla gente che sta morendo e a tutta quella che morirà a seguito delle ripercussioni che avverano in questi giorni. Mi chiedo quale possa essere il mio ruolo qui”.
Pro Terra Sancta come tutti noi spera e prega per un ritorno alla pace. Le testimonianze dirette dei nostri volontari riflettono l'urgenza di un cambiamento positivo in questa regione che troppo spesso è terra di conflitto. Nella speranza che la Terra Santa possa presto riacquistare la sua vocazione di luogo di pace, cultura e coesistenza tra popoli, Pro Terra Sancta si impegna a tenervi informati su quanto sta accadendo.