«Il nostro asilo dà la gioia a chi bussa alla nostra porta».
Inizia così il racconto di suor Luisa, da tre anni direttrice dell’asilo di Santa Caterina nel campo profughi dell’Aida a Betlemme. Suor Luisa è nata ad al-Zarqa in Giordania, ha studiato tanti anni a Roma e parla fluentemente italiano e inglese.
Come moltissime opere caritatevoli qui a Betlemme, il grande asilo è così accogliente e curato che quasi stona con il territorio circostante sporco e abbandonato.
In questo periodo natalizio vi abbiamo raccontato alcune storie di realtà che supportiamo e dell’importanza di crescere e lavorare in un ambiente sano e ospitale, sia per bambini che per anziani. Anche qui all’Aida, ci è evidente come bellezza e cristianesimo vadano di pari passo.
È una calda mattina di dicembre a Betlemme e suor Luisa ci invita a fare un giro del suo asilo. Le spaziose aule per cinque giorni alla settimana sono animate da 41 bambini cristiani e musulmani. Intorno ai grandi tavoli i piccoli studenti giocano, disegnano e ci cantano una canzone di benvenuto in arabo. Stiamo un po’ con loro e proseguiamo nelle altre classi arredate con tavoli, sedie e armadietti multicolore; le lettere dell’alfabeto, i nomi degli animali e i giorni della settimana in arabo e inglese sono appesi alle pareti.
Scendiamo a piano inferiore dell’edificio, dove i bambini svolgono attività ricreative con due maestre locali che ogni giorno si inventano nuovi giochi che uniscano l’educazione e lo stare insieme.
La nostra spiritualità
Durante la visita suor Luisa ci racconta che le famiglie musulmane sono contentissime. Ai genitori dei bambini non interessa che l’asilo sia un’istituzione cattolica, perché vedono i loro figli felici. «C’è lo zio di un bambino che ci chiama al telefono solo per dirci grazie» afferma sorridendo, e continua: «I bambini non vedono l’ora di venire all’asilo; anche se sono malati vogliono venire qui. Questa è la nostra spiritualità: seminare ciò che manca a loro». E a Betlemme, come in generale nei Territori Palestinesi, mancano tante cose ai più piccoli. Non possono uscire a giocare, perché non c’è un posto per giocare. Nonostante i bambini siano molti, a Betlemme non c’è un campo da calcetto o uno scivolo. Ogni centimetro di terra viene usato per costruire appartamenti, negozi, ristoranti e parcheggi. I parchi giochi e i palazzetti dello sport si trovano in Israele, ma molti palestinesi non hanno il permesso di andarci. Per questo le scuole sono spesso l’unico luogo in cui i bambini possono giocare, imparare a relazionarsi, muoversi e sviluppare la propria creatività.
Suor Luisa ci accompagna infine sul grande tetto dell’asilo da cui si vede tutto il grigio e imponente muro di cemento che separa i Territori palestinesi da Israele.
Ci mostra con dolore il punto in cui i soldati israeliani fanno irruzione lasciando dietro di sé gas lacrimogeni, proiettili e bombe a gas. Ci racconta che quando era una giovane suora scendeva a stendere il bucato per le sorelle più anziane con una cipolla in mano, così da non correre il rischio di soffocare.
«Ma grazie a Dio è rarissimo che gli scontri accadano la mattina, mentre i bambini sono a scuola» e aggiunge che il momento di più alta tensione è quello del venerdì dopo la preghiera dei musulmani.
Quando le giunge la voce di possibili scontri lungo il muro, suor Luisa scrive sul gruppo WhatsApp con i parenti dei bambini di non mandarli a scuola quel giorno perché troppo rischioso.
La testimonianza e la festa di Natale all'asilo dell'Aida
Scendiamo al piano terra e nell’ufficio di suor Luisa ci sta aspettando la piccola Mariana, che non riesce a stare troppo tempo lontano dalla suora. Invece di rimandarla in classe, suor Luisa la fa accomodare su una sedia vicino a noi, apre il cassetto dei dolci sotto la sua scrivania, ci offre un caffè e riprende il suo racconto. «Sono suora da 35 anni. Ho vissuto in tante città del Medio Oriente e abito a Betlemme da tre anni. Abbiamo un asilo anche a Cana di Galilea, uno a Nazareth e uno a Gerico, dove la maggior parte degli studenti sono musulmani». L’asilo accoglie tutti, non ha un fondo per aiutare solo i cristiani, e afferma orgogliosa che i suoi bambini quando vanno alle elementari sono i più bravi e preparati. «È importante per noi che i nostri bambini escano ben istruiti. Quando mi vedono fanno sempre festa. Vedo che la nostra opera, la nostra testimonianza lascia qualche cosa. Anche se abbiamo pochi cristiani». L’asilo è chiuso il venerdì (giorno di festa per i musulmani) e la domenica (giorno di festa per i cristiani) e per le festività seguono il calendario delle scuole cattoliche.
Le chiediamo se ha mai avuto paura per sé e per i suoi bambini data la vicinanza alla zona più “calda” di Betlemme. Ci risponde che ora è molto tranquilla perché nel periodo natalizio di solito non succede mai niente. I gruppi di pellegrini sono tornati in massa, la gente del posto lavora molto e non possono permettersi di fare scioperi.
Il 22 dicembre all’asilo dell’Aida ci sarà una grande festa! Babbo Natale arriverà a portare i regali ai bambini e si fermerà a giocare e a cantare con loro. Quel giorno collegatevi sui canali social Pro Terra Sancta di Facebook e Instagram per vedere la festa di Natale nel campo profughi di Betlemme.