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Francesco e il sultano: la forza della parola

04 Ottobre 2024
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Francesco e il sultano: la forza della parola
Francesco e il sultano: la forza della parola

1219, Damietta, Egitto: mentre il Paese brucia dei fuochi e del sangue delle Crociate, due frati incontrano Malik al-Kāmil, sultano di Egitto e Palestina.

La guerra, quinto tentativo crociato di conquistare Gerusalemme, si è spostata anche in Egitto, con l’obiettivo strategico di occupare un porto importante da usare come merce di scambio; è in questo clima che Francesco d’Assisi – ricordato nella festa di oggi come patrono d’Italia - sale su una barca allo scopo di parlare con il nipote del Saladino.

L’incontro tra Francesco e il Sultano è diventato celebre per la sua portata icastica e simbolica: “Il sultano e il santo”, due mondi irrimediabilmente diversi e impegnati in un conflitto senza fine che si incontrano, in una delle meravigliose stanze del palazzo del sultano, per parlare di fede.

L'incontro tra Francesco e il Sultano dipinto da Benozzo Gozzoli.
L'incontro tra Francesco e il Sultano dipinto da Benozzo Gozzoli.

La potenza icastica di questo incontro ha fatto sì che l’episodio sia stato narrato in moltissimi modi, strumentalizzato in base a ciò che, nelle varie epoche, si desiderava far emergere: il dialogo tra i due uomini è diventato così per alcuni uno scontro feroce, costellato di crudeli prove di coraggio volte a dimostrare la forza della propria fede; qualche secolo dopo Francesco fu narrato, attraverso lo sguardo critico degli illuministi, come un fanatico che emerge per contrasto rispetto ad un sultano saggio e composto. Ancora, in epoca coloniale la spedizione di Francesco diventò una buona azione civilizzatrice a beneficio di un popolo di selvaggi senza dio.

In tempi più recenti si è iniziato a pensare alla missione di San Francesco in Egitto come a un simbolo di dialogo e di incontro. È sempre importante stare attenti a non cadere nella strumentalizzazione: Francesco non andò da al-Kāmil per discorrere delle loro differenze culturali, ci andò per convincerlo che il Cristianesimo fosse la sola religione corretta. Tuttavia un elemento rivoluzionario esiste: il mezzo che Francesco scelse di usare per raggiungere il suo scopo fu la parola, affermando la pace contro le armi delle Crociate. In questo senso vi si può senz’altro leggere un simbolo di dialogo: il frate andò incontro al Sultano, che a sua volta lo accolse.

In quest’ottica si può intravedere in controluce, dietro i due uomini seduti uno di fronte all’altro nel palazzo di Damietta, la negazione da parte di Francesco della necessità di imporre il Cristianesimo con la forza. La parola è l’alternativa che il santo pone rispetto alle Crociate, un inno alla possibilità di condividere il proprio pensiero e la propria fede senza spargere sangue innocente. È una riflessione ancora molto attuale, in un presente in cui la guerra continua a essere un mezzo di imposizione e rivendicazione religiosa e culturale.

dipinto Damietta assediata dai Crociati
Damietta assediata dai Crociati, nel 1219.

L’incontro tra Francesco e il sultano si pone su una linea che, attualizzata e modificata dal progredire della Storia e della cultura, si snoda nel tempo fino a sostenere le attività della nostra Associazione: dietro ogni nostro progetto c’è la convinzione che non si debba rinunciare a cercare un dialogo con l’altro, anche quando apparenti differenze sembrano scoraggiare la possibilità di un incontro. Anche quando la violenza e la guerra sembrano, con il loro clamore, coprire la possibilità di un’alternativa concreta.

Infatti, nel tempo in cui ebbe luogo, il gesto di Francesco passò completamente inosservato: tra il fumo e le grida delle Crociate quasi nessuno si accorse di una battaglia combattuta con le parole, e chi ne venne a conoscenza la considerò forse l’utopia di un folle. Eppure, quel gesto ha fatto la Storia: una volta spenta la violenza della guerra, dalle brume del Tempo è emerso questo incontro, divenuto un solido simbolo sul quale continuare a riflettere.

Anche questo è un punto importante per la sensibilità e le attività di Pro Terra Sancta: ciò che facciamo oggi in Terra Santa, i progetti che portiamo avanti per conservare e sviluppare il patrimonio culturale di chi ci vive, e per tutelare la loro stessa sopravvivenza, a volte appaiono talmente piccoli rispetto alla complessa violenza che avvolge il Medio Oriente da sembrare, anch’essi, un’utopia. Che importa di Talia che racconta ai bambini di Betlemme le fiabe della loro terra, che importa se la scuola delle Rose può aprire di nuovo i battenti, se intorno tutto brucia? Però è dal basso che, spesso, parte la pace che diventa poi politica, è dalle parole scambiate in fretta tra un frate e un sultano che mettono le radici i grandi cambiamenti culturali: quelli che poi, con il tempo, cambiano davvero le cose, diventano Storia. Come a Damietta, più di 800 anni fa.

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