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Libano e Israele: il confine blu

14 Giugno 2024
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Libano e Israele: il confine blu
Libano e Israele: il confine blu

L’arrivo del mese di giugno ha portato con sé nuove paure sull’espansione della guerra di Gaza: insieme all’estate è arrivata da Tel Aviv la dichiarazione di un attacco militare pronto per essere sferrato contro il Libano, al confine settentrionale di Israele, entro la metà di giugno.

In questi giorni sul sud del Libano sono volati diversi droni, come sul settentrione israeliano, e le sirene antiaeree hanno rotto il silenzio sia a Beirut che a Tel Aviv. Anche se le dimissioni di Ganz sembrano aver rallentato la corsa di Netanyahu, la possibilità di un attacco israeliano diretto contro lo Stato del Libano resta viva e concreta.

Ma dove si trovano le radici dell’ostilità tra i due Paesi? Abbiamo deciso di ripercorrere la storia che lega il Libano a Israele, per non dimenticare che lo spettro di questa guerra esiste da molto, molto tempo prima del 7 ottobre 2023.

Tra Libano e Israele: una storia di conflitti e di confini

Il mar Mediterraneo, confine occidentale del Libano, non è infatti l’unica frontiera blu che chiude il Paese dei cedri: nel maggio-giugno del 2000, sempre all’inizio dell’estate, le Nazioni Unite hanno stabilito a tavolino di tracciare il confine ottenuto grazie al ritiro delle truppe israeliane dai territori libanesi, a seguito di una violenta occupazione durata più di un ventennio. Si dice che per farlo abbiano usato un pennarello blu, con il quale hanno disegnato una linea a dividere il sud del Libano dal nord di Israele; da qui il tracciato ha preso il nome di Linea blu.

I vent’anni di occupazione iniziano nel 1982, quando le Forze di Difesa Israeliane oltrepassano il confine che le separa dal Libano e ne occupano la parte meridionale. Ma, prima di chiedersi cosa sia successo durante quella che gli israeliani chiamano la «prima guerra del Libano», è necessario capire quali siano le sue radici, che si trovano in un conflitto ancora precedente: la guerra arabo-israeliana del 1948, scoppiata all’indomani della costituzione ufficiale dello Stato di Israele, stabilendo dei confini rimasti celebri come la Linea verde di Israele.

È evidente come i rapporti tra Israele e Libano siano intricati e affiorino da lontano, come questa guerra nasconda dietro dì sé nodi dolorosi e stretti, difficili da sciogliere, perché difficile è fare una sintesi dei diversi sguardi con cui le parti in causa osservano e giudicano i fatti. Una spia di questa distanza si trova nei nomi attribuiti agli eventi: dare un nome alle cose ne rivela le essenze nascoste, è un atto che porta a riconoscere un senso; e osservare i diversi nomi con cui gli Stati in causa chiamano gli eventi rivela il modo in cui li hanno concepiti e vissuti.

La guerra arabo-israeliana è nota in Israele come «Guerra d’indipendenza»: una guerra “buona”, dunque, nella propaganda israeliana, “giusta” – per quanto “giusta” possa essere una guerra – il cui scopo è la liberazione di Israele dalle oppressioni nemiche. In arabo, invece, il medesimo conflitto si ricorda come «Nabka», «la catastrofe»: un’accezione alquanto diversa, per non dire opposta. Il 1948 rimane, nella memoria linguistica – e, quindi, culturale – araba, una «catastrofe», una tragedia che vide migliaia di morti e l’inizio dell’immenso esodo palestinese.

Uno scarto analogo esiste intorno alla guerra iniziata nell’82: chiamata da Israele «prima guerra del Libano», in relazione allo scontro del 2006 noto come «seconda guerra del Libano», è descritta dalle forze militari israeliane anche come l’«operazione “Pace in Galilea”». È un nome emblematico, quasi paradossale: una guerra definita un’«operazione di pace».

La regione della Galilea.
La regione della Galilea.

I confini: le zone calde della guerra

I rapporti tra il Paese dei cedri e lo Stato di Israele nascono, quindi, nel segno delle armi, e così continuano, complice la nascita di Hezbollah nell’82, nel pieno della guerra civile libanese. Nello stesso anno inizia l’occupazione israeliana dei territori meridionali libanesi, occupazione che si conclude solo nel maggio del 2000 con la ritirata delle truppe di Israele; è a questo punto che le Nazioni Unite sanciscono la ritirata rendendo ufficiale, sulle mappe, la zona liberata da Israele. Più che come linea di confine la linea blu nasce come descrizione storica, a segnalare proprio il punto di arretramento dell’esercito israeliano; con il tempo, però, è stata assimilata sempre più ad un confine tra i due Stati, e questo ha generato molti nuovi conflitti che la vedono come protagonista e terreno di scontro.

Infatti un confine, per sua natura, separa ma al contempo mette in contatto, creando terreno fertile per recriminazioni e pretesti di guerra. Questa frontiera blu non fa eccezione: è una linea armata dove i soldati di entrambi gli eserciti controllano i movimenti nemici, sotto i pilastri di Unifil che delimitano la zona – dipinti anch’essi del colore del mare.

La natura mutata della linea blu, divenuta nel corso del tempo un confine politico e geografico, l’ha infatti resa un ottimo pretesto, per i due attori in causa, per muovere proteste e rivendicazioni, e quindi attacchi armati. Significativamente, infatti, è proprio su questa linea che, a partire dal 7 ottobre di quest’anno, si sono concentrate le tensioni e le offensive tra Israele e Hezbollah: le sirene antiaeree suonano da giorni senza sosta proprio nel sud del Libano e nel nord di Israele, lungo la linea blu. Dallo scoppio di questa fase della guerra Hezbollah ha rivolto contro Israele 306 attacchi, mentre Netanhyau ha colpito la parte meridionale del Paese dei Cedri ben 1200 volte; e questo, secondo i dati ISPI, solo nel corso degli ultimi tre mesi del 2023.

La metà di giugno è arrivata, nell’aria ormai c’è un’estate timida e gravida di piogge, ma uno attacco diretto di Netanyahu non è stato ancora sferrato: le dimissioni di Ganz sembrano aver posto un freno allo scatto del primo ministro israeliano. Non alle sue intenzioni di guerra, però: sia Israele che Hezbollah non sembrano intenzionati a lasciar perdere, in un conflitto che dura dagli albori dello Stato d’Israele, che ha generato una linea verde e poi una linea blu, e ancora altre linee di confine, di sbarramento, di controllo. In questi giorni gli attacchi si intensificano: i missili del gruppo paramilitare libanese provocano incendi, feriti e morti, i frequenti attacchi aerei di Israele distruggono edifici e vite umane.

La tensione cresce e le domande sul punto di rottura si moltiplicano nelle sedi politiche internazionali e sui giornali di tutto il mondo; e, intanto, a fare le spese del conflitto sono sempre, e soprattutto, i civili.

La zona portuale di Beirut, già distrutta dall'esplosione del 2020.
La zona portuale di Beirut, già distrutta dall'esplosione del 2020.
Il dispensario medico, per consentire l'accesso ai farmaci altrimenti introvabili nel Paese.
Il dispensario medico di Beirut, a cura di Pro Terra Sancta, per consentire l'accesso ai farmaci altrimenti introvabili nel Paese.
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