“Costruisci presepi? Perché non vieni in Terra Santa a insegnare come farli?” Da questa proposta fattagli tanti anni fa dal grande archeologo francescano, padre Michele Piccirillo, oggi Maurizio Enrico Villa ha deciso di esportare l’arte del presepe dall’Italia alla Terra Santa.
Già nel 2016 Maurizio aveva costruito un presepe per la comunità cristiana di Madaba, Giordania, ma questa volta ha accettato una sfida più grande: insegnare ai giovani ragazzi del Ceramic Center di Nisf Jubeil come costruire un presepe. Grazie ad una iniziativa del Mosaic Centre Jericho e Associazione pro Terra Sancta, l’artista ha passato alcuni giorni nel piccolo villaggio della Samaria, per insegnare la sua arte a 2 ragazzi e 5 ragazze, tutti musulmani.
Alla domanda “come si costruisce un presepe?”, Maurizio riferisce: “Quando penso al presepe storico, mi piace attenermi agli usi e costumi della Palestina di duemila anni fa, ma mettendoci qualcosa di mio. Perciò ho chiesto anche a questi ragazzi di personalizzare il proprio presepe, rispettando il contesto architettonico palestinese”.
“Un’esperienza molto interessate, anche se è stato un po’ difficile lavorare con tanti materiali a cui non siamo abituati” riferisce Lama, una delle ragazze che ogni giorno modella bellissimi piatti e oggetti in ceramica. Una volta realizzate le strutture in polistirene estruso e collanti per bioedilizia i ragazzi sono passati alla complessa fase di colorazione, che rappresenta una delle parti fondamentali nella costruzione artigianale della scenografia nella quale si ambienta la nascita di Gesù.
“È stato bellissimo quando abbiamo chiesto quali colori utilizzare per le case e Maurizio ci ha detto: ‘uscite e ispiratevi ai colori delle vostre!'", continua Lama sorridendo. “In quel momento sentivamo di costruire le nostre case, e per noi qui in Palestina la casa è qualcosa di molto importante”.
Ruwaida, un’altra delle ragazze del centro, crede nell’arte come in un’energia che aiuta ad esprimere la propria identità. ”Questi morbidi muri che abbiamo costruito non sono pareti di divisione, ma ci hanno permesso di far crescere la conoscenza dell’altro”, spiega. “E poi anche noi musulmani crediamo che Issa (Gesù) sia un profeta”.
Alle soglie del Natale, Maurizio è tornato in Italia già al lavoro con nuovi presepi, ma ci confida: “Per me, fare il Presepe è un atto di fede che si fa con il cuore più che con le mani”. E per tutti questa esperienza è stata non solo un momento di formazione artistica, ma soprattutto un momento di confronto e conoscenza, un laboratorio di educazione al dialogo e alla speranza. “Costruendo quei presepi con loro – conclude Maurizio - ho sentito quello stesso mistero e quella speranza nuova che si realizzò nella grotta di Betlemme2000 anni fa”.
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