L’Ascensione di Gesù è l’episodio che conclude la narrazione dei Vangeli e apre quella degli Atti degli Apostoli. La Chiesa commemora oggi, 26 maggio, questo accadimento, costituito dal transito di Gesù risorto dalla terra al cielo. La narrazione più vivida dei fatti è contenuta negli Atti degli Apostoli, al capitolo primo. Ecco qualche passaggio.
“Mentre Gesù si trovava a tavola con gli apostoli, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre. Detto questo, mentre gli apostoli lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: ‘Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo’. Allora gli apostoli ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi”.
Le celebrazioni di questi giorni si tengono presso la Cappella detta dell’Ascensione, collocata, come vogliono gli Atti degli Apostoli, sulla cima del monte degli Ulivi. A prima vista, l’edificio può sconcertare. Il pellegrino che giunge qui, si trova davanti la slanciata mole di un minareto, e una costruzione che ha tutta l’aria di essere una moschea. E in effetti, la storia della Cappella dell’Ascensione è intricata, e per lungo tempo l’edificio fu in mano musulmana.
La prima chiesa dell'Ascensione
Già in epoca molto antica, al tempo del re Davide, si trovava sul sito della Cappella dell’Ascensione un luogo dove il popolo ebraico era solito riunirsi in preghiera. Nel secondo libro di Samuele, infatti, si dice che Davide, salito il monte degli Ulivi, giunse finalmente in vetta, “al luogo dove ci si prostra a Dio” (2Sam 15, 32). Non sappiamo null’altro di questo luogo di culto, sicuramente secondario allora, data la centralità assoluta del tempio di Gerusalemme.
In epoca cristiana, si volle edificare una chiesetta per ricordare l’Ascensione di Gesù. Fu la patrizia romana Poimenia, nel 378, a far cominciare i lavori. La costruzione sorse in cima al monte degli Ulivi, precisamente su di una zolla di terra che – si diceva – recava le orme dei piedi del Signore nel momento in cui lasciò il suolo verso il cielo. Una lettera del V secolo ci riferisce che queste impronte si potevano allora ammirare nell’erba, su di un terreno sabbioso, “l’unica macchia verde in tutta la basilica”.
Non siamo certi riguardo all’architettura di questa prima chiesa cristiana. Con buona probabilità, doveva essere un edificio piuttosto elegante, coronato da un tetto al centro del quale si trovava un foro. Qualcosa di simile all’attuale cupola della Basilica del Santo Sepolcro. Poimenia, si ritiene, avrebbe mantenuto scoperto proprio il punto in cui si potevano venerare le impronte di Gesù, per ricordare in maniera molto vivida le parole pronunciate, secondo gli Atti, dagli uomini in bianche vesti: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”.
L'Ascensione diventa moschea
Questa chiesetta protocristiana andò distrutta con l’avvento dei califfi musulmani. Fu solo nell’XI secolo che i crociati ricostruirono, sullo stesso sito, una nuova chiesa. Si tratta della struttura ottagonale che si può vedere oggi. Ancora una volta, il tetto doveva essere forato in corrispondenza dell’edicola centrale, quando non mancante del tutto. Questa volta, però, la zolla d’erba recante le impronte di Gesù cedette il passo ad una lastra di pietra, ancora oggi visibile. Su questa, anche se a fatica, possono essere riconosciute le stesse orme che erano visibili tra IV e V secolo.
La Cappella dell’Ascensione conobbe quindi il destino di molte delle strutture crociate in Terra Santa. Nel 1187, Saladino, conquistando Gerusalemme, si appropriò anche del sito di questa chiesa. L’edificio non fu abbattuto, ma fu riutilizzato come moschea. Per questo nuovo scopo, l’apertura del tetto era non solo insignificante da un punto di vista religioso, ma era dannosa. Finiva solo per esporre ai capricci del clima i fedeli riuniti in preghiera. Fu per questo che il tetto della chiesa venne chiuso, mediante la tipica struttura a cupola che completa le moschee. Questa destinazione dell’edificio al culto musulmano ha lasciato le tracce più persistenti: ancora oggi, il tetto della Cappella dell’Ascensione è una cupola sigillata, e si può ammirare all’interno dei suoi spazi un mirhab, la nicchia costruita in direzione della Mecca.
Da Sant'Ignazio ai nostri giorni
Anche sotto la dominazione islamica, tuttavia, il sito non cessò di essere importante per i cristiani. In pieno XVI secolo, Ignazio di Loyola, ai tempi non ancora fondatore della Compagnia di Gesù, amava recarsi a pregare sul luogo che conservava le ultime impronte terrene del corpo del Signore. Ripeteva di desiderare che Gesù imprimesse sul cuore segni così profondi come erano quelli che aveva lasciato sul terreno. Ma quest’ardore religioso gli costò qualche imprudenza: per accedere al luogo, in salde mani musulmane, sant’Ignazio dovette corrompere i guardiani, esponendosi così al pericolo di venire punito. I francescani, custodi dei Luoghi Santi e dunque incaricati di salvaguardare l’integrità fisica dei pellegrini, quando seppero di questa temerarietà da parte di Ignazio, decisero di punirlo. Forse lo imprigionarono, sicuramente lo espulsero, costringendolo a tornare in Europa.
Fu solo con lo status quo, tra XVIII e XIX secolo, che le confessioni cristiane in Terra Santa si assicurarono il diritto di celebrare la festa nel giorno dell’Ascensione, all’interno dello spazio della Cappella. Ancora oggi, durante tutta la notte che precede la memoria dell’episodio, si celebra continuamente l’Eucarestia presso l’edicola, immersa in un clima di trepidazione e di grande attesa.
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