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Rialzarsi e Rinascere

05 Novembre 2021
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Il viaggio in Siria di Tommaso e Guendalina – Seconda parte

Colori

È importante far sapere che cosa resiste in Siria”, prosegue Guendalina. “Come l’asilo di padre Raimondo, a Damasco”. Pro Terra Sancta ha finanziato la costituzione di varie iniziative presso la chiesa dove si trova oggi padre Raimondo; c’è un ospedale per malati terminali, una scuola di musica e c’è, appunto, un asilo. 

Le foto scorrono: sono quelle di bimbi sorridenti, di mamme, di nonne sotto il burqa, sotto l’hijab, incorniciate, senza velo, da chiome corvine sopra splendidi occhi profondi e bui. Sono foto colorate, coloratissime. “A me stupisce sempre un po’” – racconta Guendalina – “vedere così tanti colori: sembrano classi normalissime, come le abbiamo qui in Italia. Ma è proprio questo il punto. Io vorrei si facesse un video; un video di quello che il bambino incontra per arrivare qui, tra questi colori, in questo spazio pulito. Un video che racconti di quando scende per strada, nello sporco e nei detriti, della casa che abita, del luogo in cui vive”. Sorride, “ma senti come suonano questi, poi!”, dice mostrando lei un video di un ragazzino al pianoforte. 

La Siria che combatte…

È di questo volto della Siria che si parla: di una Siria che fa meno rumore delle bombe, e che cresce silenziosa, in mezzo all’inferno. Come accade per il santuario di Sant’Anania, che padre Firas, aiutato da Pro Terra Sancta, cerca di trasformare in una casa per la comunità cristiana di Aleppo. “Ad Aleppo ci sono veri e propri martiri”, racconta Guendalina mostrando la foto della tomba di uno di essi. La guerra ha veramente interessato da vicino i sacerdoti cristiani in Siria: “nel 2015, a seguito di un armistizio, alcuni jihadisti sono stati trasferiti dal Nord della Siria in altre zone da scuolabus messi a disposizione dal governo siriano. Siccome avevano paura di attentati lungo il percorso, hanno deciso di tenere, durante il viaggio, a bordo con loro i sacerdoti cristiani. E così questi si sono trovati a fare un viaggio in pullman con i jihadisti armati”.

… e l’Aleppo che soccorre 

Ma c’è anche un volto della Siria che parla di dialogo e di ricchezza nello scambio. È ancora padre Firas ad essere protagonista di questa cultura dell’incontro: il francescano ha coinvolto Binan, una donna musulmana, laureata, per istituire, a partire dal 2016, il Franciscan Care Center (FCC) e il progetto “Un nome un futuro”.

Il FCC assiste oggi centinaia e centinaia di bambini rimasti soli. All’interno di esso, i frati francescani della Custodia di Terra Santa si occupano degli orfani, dei bambini soli e dimenticati da tutti che crescono fra le rovine materiali e morali di una Siria logora e stanca per la guerra. È ad Aleppo Est, la zona della città che ha subito le devastazioni più ingenti, che questo spazio cerca di reggere l’impatto della povertà e della disperazione, offrendo supporto psicologico e garantendo una presenza fissa e sicura. Anche questo è sufficiente, dove tutto è stato divorato dalle fiamme e dalle bombe. 

All’interno del progetto “Un nome e un futuro”, invece, Binan e altre volontarie coordinate da lei e da padre Firas insegnano lettura e scrittura a decine di donne islamiche. “Dovreste vedere le classi, affollatissime” – dice Guendalina, sempre scorrendo le foto – “loro sono tante, e sono tutte provenienti dalle famiglie sunnite”. I veli neri che coprono il volto delle donne compongono una strana armonia con i colori vividi e variegati dei banchi, delle pareti, dei disegni appesi ai muri. Ma forse la Siria è tutta qui, in una sinfonia complicata e pure finissima, che fatica ad affermarsi, e che spinge per trovare uno spazio.     

Un ultimo sorriso

“Abbiamo giù ad Aleppo una rete di più di centocinquanta volontari, che significa assistenza per un migliaio di persone, e anche di più”. E poi, insieme a Firas c’è padre Ibrahim. Lui gestisce una parrocchia ad Aleppo, unico nella sua dinamicità. “È un uomo estremamente carismatico. Lui apre i cancelli della sua parrocchia a tutti i bambini della comunità cristiana e offre loro il pranzo. Sono sempre più di 700 hamburger e patatine, incartati a mano dai volontari dell’oratorio”.

L’ultima foto che scorre sotto le mani di Guendalina è quella di un bambino sorridente, dietro alla sua porzione di patatine, accanto a tanti altri suoi coetanei, fra mille colori sgargianti. Pare, in fondo, che nessuna guerra sia passata di qui; che, dopotutto, gli orrori di un conflitto come quello che la Siria sta attraversando possano davvero assopirsi e svanire dietro a quegli occhi che sorridono. Ancora.



 

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