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Racconto di un viaggio in Siria. Ultima tappa: Aleppo tra polvere e macerie, ma tanta voglia di ricominciare

22 Ottobre 2018
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Racconto di un viaggio in Siria. Ultima tappa: Aleppo tra polvere e macerie, ma tanta voglia di ricominciare
Racconto di un viaggio in Siria. Ultima tappa: Aleppo tra polvere e macerie, ma tanta voglia di ricominciare
Una fitta coltre di polvere avvolge la città di Aleppo, ultima tappa del nostro viaggio in Siria, tanto da coprire il sole. Sabbia e polvere che – secondo alcuni – arrivano da est, dalle macerie, e rendono l’aria irrespirabile, quasi a voler soffocare nuovamente questa città così dolorosamente tormentata e che da un anno a questa parte ha ripreso a respirare. La vita infatti è tornata ad Aleppo, in molte parti si vedono importanti lavori di ricostruzione e alcuni negozi hanno riaperto. Così come è stata riaperta da poco la Cittadella antica, orgoglio della città un tempo meta gettonata da turisti da tutto il mondo. Una buona notizia, perché fino a poco tempo fa questo luogo era presidio militare: da questa collina una cinquantina di militari resisteva all’inesorabile avanzata dei miliziani dell’ISIS che avevano già invaso la parte est di Aleppo e li aveva circondati da ogni dove. “Se fosse caduta la Cittadella sarebbe stata la fine, perché da qui partono una serie di tunnel sotterranei che si diramano per tutta la città e arrivano ovunque”. Ce lo racconta Yorgo, mentre saliamo le rovine antiche dietro ad una fila di bambini in visita con la scuola; anche questa è una novità di questi giorni. Yorgo è il tecnico responsabile del coordinamento dei progetti di distribuzione di pacchi alimentari e medicinali, sostenuto da ATS pro Terra Sancta presso la parrocchia di San Francesco ad Aleppo nel quartiere di Azizieh. Un’attività che ha aiutato moltissime famiglie negli anni più duri del conflitto e che continua a sostenere circa 12.000 persone ogni mese. Anche Yorgo ha beneficiato di uno dei molti progetti di ATS ad Aleppo, in questi otto anni di guerra. “Avevo perso tutto – ci racconta – non avevamo più acqua e pochissimo cibo. Mi avevano detto che presso la parrocchia dei francescani veniva distribuita l’acqua dai pozzi, così mi sono rivolto a loro. Da lì è iniziata la mia storia insieme ai francescani e ad ATS”. Quel giorno Yorgo ha incontrato fra Ibrahim Alsabagh, il parroco della chiesa di San Francesco ad Aleppo Azizieh che gli ha chiesto di seguire la logistica dei progetti in corso. “Mi ha letteralmente salvato la vita”, ci dice ancora, “prima della guerra avevo una catena di negozi di antichità, viaggiavo in tutto il mondo per recuperare mobili e oggetti antichi, ma da un giorno con l’altro mi sono ritrovato senza niente: mi hanno scassinato i negozi e derubato di tutto. Non avevo più lavoro e io e la mia famiglia facevamo la fame”. Yorgo è davvero grato, lo dimostra la sua instancabile disponibilità e il suo grande lavoro. “Credetemi – ci ripete in continuazione – senza di voi noi cristiani non esisteremmo più qui”. Nel frattempo arriviamo alle mura della cittadella, tappezzate di postazioni militari fatte di sacchi di iuta e coperte e circondate da bidoni di metallo, il suolo ancora ricoperto da un tappeto di bossoli e resti di colpi di mortaio. Non è difficile immaginare i soldati appostati qui per due anni senza poter mai uscire, riforniti di cibo e munizioni da un elicottero una volta al mese. Ma ciò che ci impressiona maggiormente è la vista che si presenta ai nostri occhi quando ci affacciamo da una delle postazioni sulle balaustre: all’orizzonte solo macerie e ancora macerie.  Le guardiamo in silenzio, mentre la polvere sembra elevarsi davvero da li, dai condomini, dagli hotel e perfino dalle moschee distrutte. “Ci vorranno più di 20 anni per ricostruire questo disastro” ci dice Yorgo. E ci vorrà ancora di più forse per ricostruire le macerie di un’umanità ferita, quelle che ogni uomo, donna o bambino qui si porta dentro. Soprattutto i bambini, come il piccolo Hani di sei anni, che un mese fa ha tentato il suicidio.  “Sono più di cinquanta i casi che seguiamo di ragazzini come lui, affetti da depressione infantile dovuta al conflitto”, spiega Binan, psicologa e coordinatrice delle attività del Terra Sancta College, la struttura dei francescani (sostenuta da ATS pro Terra Sancta in collaborazione con MISEREOR) che visitiamo nel pomeriggio. Qui vengono offerte diverse attività rivolte alla formazione, dal gioco all’assistenza psicologica per 250 bambini in difficoltà. “Non esiste una struttura simile da nessun’altra parte ad Aleppo, ma penso nemmeno in tutta la Siria” continua Binan, “e io sono grata di poter partecipare insieme ai frati a questa iniziativa così importante soprattutto in questo momento”. ATS pro Terra Sancta ad Aleppo sostiene molte attività di ricostruzione di edifici e case, così come quelle di assistenza di questo tipo. Nei giorni passati qui, ne visitiamo davvero tantissime e in tutte vediamo una speranza crescente nel futuro, oltre alla gratitudine immensa di tutti, che non manca mai. Intanto a pochi chilometri da qui, a Idlib dove si sono arroccati i ribelli fuggitivi, lo spettro della guerra aleggia insistente su tutta la provincia. E anche a sud di Aleppo ogni tanto si accende la scintilla di violenti combattimenti. “Nessuno sa che cosa succederà a Idlib – commentano – non sappiamo come andrà a finire, c’è sempre la paura che possa tornare il terrore anche ad Aleppo”. Vista la grande ricostruzione in atto però capiamo che qualcosa è cambiato, anche se l’emergenza c’è ancora eccome: chi ha perso tutto non lo riguadagna da un giorno all’altro, così come chi non aveva lavoro e chi non poteva procurarsi il cibo fatica ancora a permettersi beni di prima necessità. Ci vorrà ancora molto prima che Aleppo possa davvero finalmente elevarsi sopra la polvere, come un tempo. Shuai Shuai Inchallah, dicono qui: “piano piano, se Dio vorrà”.

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