Il viaggio in Siria di Andrea Avveduto
Luminarie natalizie ce ne sono, in Siria, ma sono spente. Come i rami disseccati e morti di qualche strano rampicante, le luci sinuose e ricamate, che da noi sono sinonimo di festa, lì, semplicemente, passano inosservate.
È un’immagine tratta dal racconto che ci fa Andrea Avveduto, tornato lunedì dal suo viaggio in Siria, che lo ha portato a visitare le due città di Damasco, capitale del Paese, e di Aleppo, uno dei centri principali della Siria settentrionale. Andrea ci racconta di una Siria che è prima di tutto povera. Più ancora della guerra, più ancora delle bombe che – ancora – continuano a scoppiare nell’assordante silenzio dei giornali e dei mezzi d’informazione, è la povertà materiale a prostrare il Paese.
Le sanzioni 'Caesar'
E quella siriana è una povertà che ha una causa ben precisa: le sanzioni ‘Caesar’ imposte dal Congresso degli Stati Uniti d’America il 17 giugno 2020 ai territori sotto il controllo del governo. Queste misure sono giunte al termine di un lungo percorso di riflessione, da parte del governo americano, cominciato nel 2014 con l’interrogatorio di un fuggitivo dalle carceri siriane detto, in codice, ‘Caesar’. A partire dalle dichiarazioni di questo fuggitivo, un fotografo che ha documentato parecchi soprusi operati all’interno dei territori posti sotto il governo di Siria, gli Stati Uniti si sono risolti a varare le sanzioni economiche poi battezzate anch’esse ‘Caesar’.
Queste misure hanno colpito ogni aspetto della vita della popolazione siriana. Impediscono lo smercio di beni di prima necessità (gasolio, cibo, vestiti), mettono al bando le importazioni di automobili, elettrodomestici, generi alimentari… Prima ancora che le sanzioni entrassero in vigore, ci si domandava in Siria con apprensione chi ne avrebbe pagato il prezzo. Ora abbiamo la risposta: la gente, costretta per strada a rovistare nella spazzatura, la classe media, spazzata via dalla povertà. I bambini, che mendicano, che vivono di quello che trovano, che non giocano. Luminarie spente.
Natale e povertà
“Il Natale, in Siria, sarà condizionato dalle sanzioni internazionali”, racconta Andrea. “Tutto ne risente e tutti ne risentono: perfino il pranzo di Natale sarà difficoltoso, se non hai elettricità che per due ore al giorno. Ma questo è niente”. Ed infatti, ben al di là del pranzo di Natale, la gente è messa in ginocchio: “se fino allo scorso anno si poteva parlare di una possibilità di sviluppo, per la Siria, ora noi di Pro Terra Sancta siamo costretti a tornare anche alla distribuzione dei pacchi alimentari, contenenti viveri e beni di prima necessità”.
E contro le sanzioni si mobilitano anche le istituzioni: il cardinale Mario Zenari, Nunzio Apostolico nella Repubblica Araba Siriana, ha più volte espresso viva preoccupazione per quella che lui definisce la “bomba della povertà”. Un ordigno strano, che non deflagra, non esplode, ma cresce poco a poco e degrada, e uccide, con la lenta ineluttabilità di una condanna irresistibile. Una povertà che le sanzioni non fanno che aggravare. Stessa posizione intrattenuta da Georges Abou Khazen, Vicario Apostolico per la diocesi di Aleppo.
Povertà e preghiera
Andrea ci racconta delle distribuzioni dei pacchi di viveri operate da Pro Terra Sancta ad Aleppo: “Si vede gente molto dignitosa in fila, esponenti di quella classe media che è stata spazzata via. Con compostezza, tutti attendono quell’aiuto che può salvare loro la vita”. Uno strangolamento sottile e lentissimo, quello delle sanzioni, che non dà pace, che continua.
“È stato impressionante vedere però come il Natale significhi speranza, anche lì”, esclama poi Andrea. “Il Natale è sempre speranza, e anche lì si cerca di vivere questa speranza, attraverso la vita di comunità,. Gli anziani della parrocchia Azizeh di Aleppo, per esempio, pregano insieme perché sia posta una fine alla disgrazia, perché la Siria possa rinascere sulle spalle dei loro nipoti. Pregano sperando in un futuro, e hanno il coraggio di sperare proprio perché pregano: è dal dono di Dio all’umanità, cioè dal Natale, che nasce la speranza”.
Natale: la speranza nella fragilità
Natale è speranza, è desiderio di rinascita; Natale è la fragilità di questa speranza in mezzo alla povertà, come è fragile un bambino, che tutto è proteso a crescere, che tutto è desideroso di vivere. “Natale, in cui celebriamo la nascita di un bambino, ci richiama con urgenza alla cura dei bambini in Siria. È questo il punto centrale: il futuro della Siria passa per la vita di questi bambini; senza una loro disposizione alla pace, non esiste un domani credibile”. Il progetto Un nome e un futuro, ad Aleppo, dice Andrea “è il luogo dove si cerca di creare questa disposizione alla pace”.
“Lì, i bambini sono accolti e desiderati, resi protagonisti. Molti di loro sono figli degli stupri dei jihadisti che hanno occupato la zona [lo abbiamo raccontato recentemente grazie alla storia di Benan Kayyali, n.d.r.], e loro, con le loro mamme, sono visti con sospetto, sono allontanati. Al punto che molti non hanno mai avuto neppure un nome. Ecco perché, per loro, Pro Terra Sancta ha creato l’iniziativa Un nome e un futuro, per dare loro una possibilità di crescere, di divenire qualcuno, una persona sullo sfondo anonimo e disperante della povertà”. Per accendere, colorandole, quelle piccole luminarie che riscalderanno le strade devastate della Siria che attende il suo Natale di pace e di speranza.
Andrea fa una pausa, poi soggiunge: “Come la storia del mondo è stata cambiata per sempre dalla nascita di un bambino, così quella della Siria potrà esserlo solo dalla rinascita dei suoi, di bambini”.
Scopri come esser parte anche tu dei progetti di luce che Pro Terra Sancta ha aperto in Siria!