Padre IbrahimAlasbagh descrive come la comunità siriana sta vivendo la pandemia da Covid-19 e come il problema maggiore sia la crisi economica e il rischio di una carestia, un nuovo insormontabile ostacolo per i siriani già duramente provati da nove anni di guerra.
Non ci sono dubbi, il Coronavirus ha raggiunto la Siria. Lo confermano le fonti governative: si parla di 40 casi accertati di Covid-19 in tutta la Siria, ma la difficoltà di fare i tamponi e la difficilissima situazione in cui verte il Paese, fanno pensare che i casi possano essere molti più. Sono stati adottati tutti i procedimenti presi dalla maggior parte degli stati: scuole chiuse, vietati assembramenti, impedito l’accesso a luoghi pubblici, chiuse le chiese e le moschee.
Padre Ibrahim si mostra preoccupato. “Viviamo questo momento con grande difficoltà”, afferma durante la conferenza video organizzata da Pro Terra Sancta per informare i propri sostenitori sulla situazione siriana.
Il frate francescano non nasconde la gravità della situazione: “Il carovita è salito alle stelle. Conosco una persona che lavora negli uffici statali, un lavoro stabile e un tempo sufficiente a mantenere la moglie e due figli. Oggi il suo stipendio non basta per comprare pane e cipolle per un mese”.
Le persone bussano alle porte del convento per chiedere aiuto: vengono dati pacchi alimentari, medicine e aiuti in denaro per la copertura di interventi chirurgici costosi. “Il primo problema è la fame - continua padre Ibrahim - Oggi abbiamo ricevuto una donazione e fatto una distribuzione straordinaria di denaro (solitamente non accade) alle famiglie per comprare 100 litri di gasolio. La maggior parte l’ha speso in cibo”.
“Tutti sono d’accordo a dire che la situazione attuale è peggiore rispetto a quando la città era sotto le bombe”. Il paese è devastato dal punto di vista economico e le conseguenze della crisi saranno disastrose. I paesi confinanti hanno già chiuso il confine: Libano e Giordania hanno chiuso le frontiere. Anche il Libano sta attraversando una grave crisi. “Stiamo precipitando in un abisso. Rischiamo una carestia e non sappiamo come sarà il nostro futuro”, afferma il frate da Aleppo.
Tuttavia, di fronte a tutto questo dolore e disagio, la fede di Padre Ibrahim e dei cristiani di Aleppo non è mai venuta meno. Il frate riflette sul miracolo compiuto sulle sponde del Lago di Tiberiade da Gesù: la moltiplicazione dei pani e dei pesci. “Lui guida la nostra storia, è l’alfa e l’omega – ci dice con trasporto - Noi siamo i suoi mediatori, come i discepoli e come loro ci affidiamo a lui”.
Fra Ibrahim manda un messaggio di speranza, sicuro che il Signore troverà il modo di aiutare e non far morire di fame la propria gente. Si affida alla Provvidenza e alle preghiere. Per lui è già un miracolo il fatto che il canale di aiuti fornito da Pro Terra Sancta non si sia mai fermato, nonostante le difficoltà degli italiani e degli altri cittadini europei. E conclude: “Il vostro sostegno è per noi una finestra aperta nell’orizzonte. Vi ringraziamo di cuore. Tante volte non riesco a rispondere a tutti i messaggi che riceviamo, ma vi assicuro che siete presenti nei nostri cuori e nelle nostre preghiere. Preghiamo che questo incubo di tutta l’umanità finisca presto”.
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