Una località ancora incontaminata dal turismo di massa nonostante la presenza di un sito archeologico di epoca romana di immenso valore, la presunta tomba di Giovanni Battista e panorami mozzafiato: Sebastia, cittadina fondata da Erode il Grande sul luogo dell’antica Samaria in onore dell’imperatore Augusto, riscopre oggi la propria eredità culturale grazie agli interventi di ATS Pro Terra Sancta. L’associazione è, infatti, presente da diversi anni con azioni di salvaguardia e valorizzazione dello straordinario patrimonio archeologico e culturale, accompagnando i lavori di conservazione del centro storico con una costante opera di formazione della comunità locale con particolare attenzione alle donne e ai giovani. La città, per anni esclusa dai principali circuiti turistici e di pellegrinaggi, si prepara ad accogliere turisti e pellegrini con il suo centro storico recentemente restaurato e tutto da scoprire. Negli ultimi mesi ATS Pro Terra Sancta ha aperto una foresteria e organizzato corsi di formazione per gli abitanti di Sebastia affinché possano accompagnare i turisti in veste di guide e offrire loro prodotti realizzati artigianalmente.
Carla Benelli, storica dell’arte e coordinatrice del progetto “Sebastia- tra passato e presente”, spiega l’importanza di salvaguardare il patrimonio culturale palestinese e gli interventi recentemente realizzati a Sebastia grazie ai contributi di donatori privati e istituzionali.
Cosa comporta il conflitto in relazione all’eredità culturale?
L’aspro conflitto che caratterizza da molti anni l’intera area geografica ha inevitabili effetti negativi anche sul ricco patrimonio culturale di tutta la regione e ne condiziona profondamente la preservazione. A questo elemento si aggiungono i limiti di un territorio in gran parte ancora soggetto ad occupazione militare, e non sufficientemente attrezzato a gestire correttamente le sue vaste risorse storiche e artistiche.
Ci sono risorse culturali e archeologiche direttamente sotto il controllo palestinese?
Sì, ma sono limitate ad una piccola estensione territoriale che risulta essere comunque importante. Pensiamo ad esempio a Betlemme con la Chiesa della Natività, a Gerico, con uno degli insediamenti umani più antichi del mondo, i pavimenti mosaicati delle chiese bizantine, la villa di Erode il grande, il Palazzo Umayyade con il mosaico dell’albero della vita, a Hebron con il Santuario di Abramo e la quercia di Mambre o alla città antica di Nablus. O a Sebastia con il suo immenso patrimonio.
Cosa è stato fatto a Sebastia per salvaguardarne l’eredità culturale?
Gli interventi di conservazione a fianco alla moschea principale, risalente al periodo medievale, hanno già salvato dal crollo e dall’abbandono diversi edifici crociati all’interno del nucleo storico. Tali edifici, caratterizzati da condizioni di grave degrado e instabilità strutturale, sono stati ristrutturati, in modo compatibile al loro valore storico, per accogliere le attività sociali promosse e realizzate dal Comune di Sabastia e dall’associazione palestinese Mosaic Centre: un centro giovanile, una foresteria e un centro di informazione turistica e vendita di prodotti locali. Nel 2010, poi, abbiamo ampliato i lavori di recupero del centro storico, sempre impiegando manodopera locale, per aumentare la capacità della foresteria e abbiamo svolto attività di formazione della popolazione locale, in particolare donne e giovani per la produzione di prodotti locali e l’accoglienza ai visitatori. Tra breve partirà il lavoro di recupero di una grande sala crociata che sarà adibita a museo cittadino.
Cosa ha spinto ATS Pro Terra Sancta ad intervenire nella cittadina di Sebastia?
Il coinvolgimento di ATS Pro Terra Sancta a Sebastia era stato fortemente voluto ed avviato da Padre Michele Piccirillo, archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum recentemente scomparso. Nel corso di una serie di visite, accompagnate appunto dal suo sostegno scientifico, ci eravamo resi conto del valore degli edifici e dell’urgenza dell’intervento di salvaguardia. Padre Michele Piccirillo, poi, puntava molto sul coinvolgimento della popolazione locale aldilà del valore dei restauri.
Quali sono i problemi nella gestione e conservazione dei siti in Palestina?
L’Autorità Nazionale palestinese, che esercita la tutela dei beni culturali dal 1994 attraverso il Dipartimento di Archeologia del Ministero del Turismo e l’Antichità, deve fare fronte a gravi problemi di gestione e manutenzione con strumenti e norme inadeguate. Il settore della conservazione del patrimonio culturale palestinese soffre inoltre di una cronica mancanza di professionisti, che coinvolge tutte le istituzioni impegnate nella gestione dei beni culturali e la situazione è aggravata dall’incapacità delle diverse istituzioni di lavorare in gruppo. Particolarmente carente è inoltre il settore della formazione e le Università locali non riescono ancora a sviluppare di corsi di vario livello per la costruzione delle necessarie competenze.
Si preferisce puntare sul “nuovo” piuttosto che sull’eredità?
Diciamo che da un lato parti consistenti del patrimonio culturale non vengono valorizzate e lasciate in uno stato di degrado. L’altro problema è la mancanza di controllo, da parte dei palestinesi, delle aree che circondano le loro località: non potendosi sviluppare nel territorio costruiscono sui centri storici, mettendo a rischio una parte del patrimonio culturale.
Quali località sono in condizione di particolare degrado?
Nel 2002 la città di Nablus, che risale al periodo romano, ha subito danni e distruzioni inestimabili. Sono stati colpiti edifici storici di culto, antiche fabbriche e innumerevoli abitazioni del centro storico. Il centro storico della città di Betlemme è stato a più riprese danneggiato, e il suo più rappresentativo simbolo storico e religioso, la Chiesa della Natività, mostra ancora oggi i segni del conflitto. Anche la chiesa rupestre di Abboud è stata distrutta. Ma il vero problema, più che negli attacchi e nei bombardamenti, sta nella mancanza di pianificazione, A Gerico ad esempio, hanno costruito una teleferica accanto alla città antica 10 mila anni. Dal 1967 in poi c’è una totale mancanza di interventi di manutenzione e protezione: il patrimonio culturale palestinese è da decenni in uno stato di totale abbandono.
Dona Ora
Sostieni attività culturali, educative e di formazione