Vi proponiamo in questo articolo la testimonianza di Chiara, una delle quattro ragazze italiane che ha appena concluso un anno di volontariato presso il nostro ufficio a Betlemme.
"Sono Chiara e ho appena concluso l’anno di Servizio Civile Universale a Betlemme con l’Associazione Pro Terra Sancta per il progetto “Caschi bianchi per l’inclusione delle persone fragili in Palestina”.
Quando si pensa a Betlemme, forse la si collega direttamente alla nascita di Gesù e al Natale; quello che invece si conosce meno è la situazione di conflitto che caratterizza quell’area.
Il muro di divisione tra Israele e Palestina, che separa anche Betlemme dalla vicina Gerusalemme, l’occupazione che viene esercitata in diversi modi e caratterizza la vita quotidiana delle persone, i check-point e le lunghe file per attraversarli.
Vivere lì un anno per me ha significato anche provare a mettermi nei panni di queste persone. Ho imparato ad apprezzare molto di più la libertà che abbiamo noi qui e che non è così scontata in altre parti del mondo.
Una straordinaria crescita personale
Sono partita con tante domande, per alcune ho trovato risposta, per altre no, anzi ne sono nate di nuove. Mi sono, però, lasciata interrogare dal contesto, perché anche quello era parte dell’esperienza.
Ho incontrato tantissime persone e ho ascoltato le loro storie, quelle di persone straordinarie che lavorano ogni giorno per costruire un futuro migliore, più giusto, di pace.
Questo anno di servizio civile è stato molto intenso e per quanto me lo fossi immaginata ha superato di gran lunga le mie aspettative. Ho deciso di partire sia per fare un’esperienza lavorativa e formativa, avendo studiato cooperazione internazionale, sia perché volevo mettermi in gioco, cercando di superare le mie insicurezze e provare a conoscermi meglio.
Nonostante il timore iniziale mi sono buttata, sapendo che era un’opportunità che capita solo una volta nella vita. E sono contenta di aver corso questo rischio perché ne è valsa davvero la pena ed è stata un’esperienza di crescita personale straordinaria.
Non ho vissuto il servizio civile da sola ma insieme alle altre tre volontarie, Morgane, Roberta e Sara, con cui è nata una bella amicizia, parte fondamentale dell’esperienza e con cui ci siamo supportate a vicenda soprattutto nei momenti più difficili.
In questi mesi abbiamo condiviso la bellezza e la fatica, in certi casi, del vivere insieme nella guest house, messa a disposizione dall’associazione, e del trascorrere insieme momenti di svago e gite.
La bellezza dell'incontro
Nel nostro quartiere ci conoscevano ed era bello incontrare persone che ci salutavano per strada, sia quando uscivamo al mattino per andare al lavoro sia alla sera quando al rientro trovavamo sempre ad aspettarci le anziane ospitate nella struttura vicina alla nostra guest house.
L’esperienza lavorativa è stata altamente formativa: ho imparato tantissimo dai miei colleghi, ho potuto mettere in pratica quanto appreso fino ad allora e ho fatto tesoro di tutto, sia delle cose andate bene che di quelle andate male.
In particolare, mi sono concentrata sulla parte di progettazione ed è stato bello e motivante vedere di persona i risultati concreti di alcuni progetti. Inoltre, avendo già studiato arabo all’Università, è stata anche l’occasione per praticarlo ed imparare un po’ di dialetto, utile soprattutto con i beneficiari dei progetti e con i bambini dove svolgevo volontariato.
Negli ultimi mesi, poi, siamo stati tutti molto impegnati con i preparativi per l’inaugurazione del nuovo centro culturale di Pro Terra Sancta a Betlemme. Il centro si chiama Dar Al-Majus, la casa dei magi. È stato un bellissimo lavoro di squadra, seppur faticoso in certi momenti, che mi ha fatto vivere questa esperienza in maniera ancora più intensa. Dar Al-Majus è diventata un po’ una seconda casa per me insieme alla grande famiglia dello staff e di tutti i lavoratori.
La mia famiglia a Betlemme
Questo è stato un anno di servizio a 360°. Oltre alle ore di lavoro in ufficio che svolgevo al mattino, al pomeriggio ero impegnata come volontaria presso l’Hogar Niño Dios. Si tratta di una casa di accoglienza per bambini e ragazzi disabili gestita dalle suore del Verbo Incarnato. Tra l'altro, vi ero già stata anni fa per un’esperienza di campo estivo.
Sono stata molto contenta di aver avuto anche questa possibilità che ha arricchito il mio servizio. Infatti, prima della partenza speravo di aver abbastanza tempo per andare a trovarli ogni tanto; ma mai mi sarei aspettata di poterci andare tutti i pomeriggi.
Questi bambini e ragazzi mi hanno stravolto la vita in senso positivo, mi hanno donato il triplo di quel poco che davo a loro e aiutavano a “staccare la spina” e a ricaricare le batterie per il giorno seguente, nonostante fosse molto impegnativo fisicamente.
Le suore e i bambini sono stati come una famiglia, ho trascorso con loro le feste di Natale e Pasqua, condividendo insieme pranzi, cene e momenti di festa in allegria. Ma anche le celebrazioni religiose e il rosario recitato insieme tutti i pomeriggi con i bambini.
Sono grata per l’esperienza vissuta. Porto tutto questo nel mio cuore consapevole che farà parte del bagaglio che sarà con me nelle mie nuove esperienze di vita e di lavoro".
Chiara Borando