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Intervista a Padre Guillermo Javier Fabrega a Gaza

14 Luglio 2010
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Intervista a Padre Guillermo Javier Fabrega a Gaza
Intervista a Padre Guillermo Javier Fabrega a Gaza

Padre Guillermo Javier Fabrega, in arabo padre Abuna Elias, vicario parrocchiale appartenente all’ordine della Famiglia Religiosa del Verbo Incarnato, vive a Gaza ormai da quasi un anno. “Di cose da fare”, racconta, “ce ne sono tante”, e parlando della suo coinvolgimento personale nella Striscia di Gaza, spiega: “Mi occupo soprattutto di giovani disabili, é una delle attività che consideriamo alla base della nostra missione”.

Padre Guillermo accoglie e cura ragazzi disabili dal 2009 all’interno di una struttura “provvisoria e improvvisata”, l’appartamento dell’ordine a Gaza, che, passo dopo passo, dovrá essere adeguato alle esigenze di persone disabili e operatori.

Quante sono le persone disabili nella Striscia di Gaza?

Molte. Includendo anche le vittime del conflitto del 2009 credo la cifra superi, secondo dati forniti dalle organizzazioni che vi operano, i 12.000. E’ una realtá poco diffusa, e il vero problema é che esistono diversi centri di riabilitazione, ma pochissimi centri di accoglienza per persone disabili. Che io sappia siamo solo in tre.

Qual’é la differenza tra un centro di riabilitazione e una casa di accoglienza?

I centri sono diurni: i pazienti vi vengono accompagnati per qualche ora per seguire specifici trattamenti o cure. Le case come quella gestita da noi preti, invece, accoglie le persone disabili 24 ore su 24 fornendo un’assistenza continua.

Un grande impegno.

Sí é molto faticoso, soprattutto perché la nostra struttura non é adatta all’accoglienza di disabili: mancano tutte le facilitazioni necessarie, dagli scivoli per salire le scale ai letti e i bagni per persone con difficoltá motorie. Ad occuparci dei ragazzi, poi, siamo solo in due, quindi l’impegno é costante e continuo.

Quanti ragazzi avete attualmente?

Per il momento sono solo tre, proprio perché non abbiamo spazi, personale e le attrezzature necessarie. Ma vorremmo aumentare il numero perché le richieste sono numerose e molte famiglie hanno bisogno di aiuto. Grazie al sostegno di ATS Pro Terra Sancta speriamo di poter aumentare le persone accolte entro la fine dell’anno.

Che problemi hanno i ragazzi che si trovano attualmente nella vostra casa?

Sono tre ragazzi in etá adolescenziale con gravissimi handicap motori: necessitano di assistenza continua, riescono a dire solo poche parole e non riescono praticamente a fare niente da soli. Uno di loro, che ha ormai 20 anni, ha crampi in tutti i muscoli perché non ha ricevuto l’attenzione e le cure necessarie da piccolo: in questi casi serve molta fisioterapia, assistenza continua.

I disabili vengono accettati all’interno della societá?

Bisogna appunto tenere presente le condizioni socio- culturali della società nella quale operiamo: la nascita di un bambino disabile all’interno di una famiglia musulmana non è considerata una benedizione- i bambini con problemi vengono tenuti nascosti, non riconosciuti come figli. Siamo una realtà piccola, ma svolgiamo un ruolo importante occupandoci di quelle persone e famiglie che altrimenti non riceverebbero nessun tipo di sostegno economico e morale per accudire i figli disabili.

Il fatto che siano cristiani ad occuparsi dei bambini musulmani non é un problema?

No, non credo. Vengono sicuramente rotti molti schemi, ma é proprio questa la cosa bella. Pur appartenendo a un’altra religione, si può dire che stiamo compiendo una delle azioni fondamentali per l’Islam: la carità verso il prossimo, e quindi la nostra attivitá viene accettata.

Com’é la vita a Gaza?

Inutile negare che la situazione è problematica, Gaza è un posto decisamente particolare sotto molteplici punti di vista. Pensiamo anche all’acquisto di materiali per le ristrutturazioni, per rendere gli ambienti adatti all’accoglienza dei minori: molte cose non si trovano, o bisogna comunque accettare qualità più scadenti perché si comprano sul mercato interno.

ATS Pro Terra Sancta sostiene i cristiani a Gaza e le attività della Parrocchia cattolica “Sacra famiglia” dal 2009, nella convinzione che, dato il lungo e persistente conflitto e l’operazione “piombo fuso”, il supporto alla popolazione della Striscia sia di fondamentale importanza.

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