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Elisabetta, la biblioteca dei francescani, il Servizio Civile, e una palestra di vita chiamata Gerusalemme

08 Gennaio 2015
Pro Terra Sancta
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Elisabetta, la biblioteca dei francescani, il Servizio Civile, e una palestra di vita chiamata Gerusalemme
Elisabetta, la biblioteca dei francescani, il Servizio Civile, e una palestra di vita chiamata Gerusalemme
Sono passati dieci mesi dall’inizio dell’esperienza di Servizio Civile per sei giovani italiani, impiegati in diversi modi presso i progetti di Associazione pro Terra Sancta grazie a un accordo con l’Università di Bari. I giovani stanno mettendo a frutto le loro competenze e le loro conoscenze, ma soprattutto stanno imparando tanto.Questo il racconto di Elisabetta, volontaria presso Associazione pro Terra Sancta e impegnata presso la Bilioteca Generale della Custodia di Terra Santa nell’ambito del progetto “Libri Ponti di Pace”. “In questi mesi, il mio compito è stato quello di servizio al pubblico e di catalogazione dei libri del fondo contemporaneo presso Bilioteca Generale della Custodia di Terra Santa. Tale esperienza, ormai al termine, mi ha consentito di mettere a frutto gli studi e le competenze acquisite negli anni di studio universitari e di imparare cose nuove, costringendomi a mettermi in gioco ogni giorno. Vivere in un contesto totalmente differente da quello in cui ho sempre vissuto non è stato semplice. La varietà di culture e religioni nel suo fascino e nella sua ricchezza esige continuamente apertura generando talvolta fatica, timore e non totale comprensione dell’altro; Gerusalemme da questo punto di vista è una vera e propria palestra. È stato sorprendente come senza accorgermene abbia fatto mie queste attitudini, vivendole non solo e non tanto nei rapporti con gli altri, ma nella vita in generale. Mi sono sorpresa più aperta e desiderosa nei confronti di quest’ultima, non scandalizzandomi troppo né delle fatiche né delle paure che inevitabilmente possono emergere,  e accettando il fatto che spesso il significato e il perché di certi accadimenti ci sfugge o non sia immediato. Alla fine di questa esperienza posso dire quindi che proprio l’incontro con il “nuovo” e la “diversità”  mi ha permesso di conoscere meglio me stessa. Di guardarmi in azione in situazioni di ogni tipo, evidenziando punti di forza, caratteristiche di me che non conoscevo o che davo per scontate non accorgendomi del loro valore, e limiti. Attendo di vedere i frutti di questa bellissima esperienza al mio rientro in Italia, perché si sa che questi, per essere colti e visibili, spesso necessitano di tempo.
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