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Da Betlemme a Milano per educarsi alla speranza

06 Agosto 2018
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Da Betlemme a Milano per educarsi alla speranza
Da Betlemme a Milano per educarsi alla speranza

L’incontro con la fondazione Exodus di don Antonio Mazzi

“Come educatori, dobbiamo innanzitutto portare la speranza. Se gli educatori non hanno speranza, e quindi non ne portano nel loro lavoro, tutta la nostra opera non serve a nulla”. Nasce da questa intuizione di don Antonio Mazzi l’iniziativa di Educatori Senza Frontiere e Exodus realizzata insieme ad Associazione pro Terra Sancta che ha portato 13 insegnanti ed educatori di Betlemme a Milano per una settimana di formazione. Il gruppo di insegnanti era guidato da fra Marwan, responsabile della Casa del Fanciullo e direttore del Terra Sancta College a Betlemme. “Gli insegnanti si aspettavano una formazione fatta di lezioni frontali – racconta Gabriella Ballarini, coordinatrice della formazione ESF – con la proposta di applicare dei metodi, di ricette da riproporre una volta tornati a casa. Ma l’educazione non è questo. A noi non interessava presentarci come ‘esperti’ che impongono metodologie più o meno adeguate, ma volevamo piuttosto iniziare con loro un cammino insieme, da compagni di strada, verso la conoscenza di sé”. Inizialmente questo approccio ha lasciato un po’ perplessi gli insegnanti delle scuole di Betlemme, ma poi la “pedagogia della speranza” si è rivelata una scoperta importantissima per svolgere il proprio lavoro in un contesto come quello della cittadina palestinese, dove spesso la continua tensione e  le condizioni socio-politiche causano depressione, smarrimento e poca pochissima fiducia nelle opportunità future. “Le attività di gruppo – continua Gabriella –  puntavano a far coincidere il lavoro di insegnamento con un lavoro di conoscenza di sé stessi, di tutti quegli alibi che ci creiamo smettendo di sperare. Nel loro caso per esempio saltava sempre fuori il muro di separazione che chiude la città, ma insieme abbiamo scoperto che questo muro si può scavalcare lavorando su di se e sulla concezione che si ha di se stessi”. Per spiegare l’origine dell’iniziativa, bisogna partire dall’amore di don Mazzi per quei luoghi. “Ho sempre voluto fare qualcosa in Terra Santa” racconta il prete veronese, “perché nel nostro percorso educativo, oltre all’intuizione pedagogica di Educatori Senza Frontiere ed Exodus che è molto particolare, noi vogliamo scendere sempre più in profondità nella conoscenza del Vangelo, scoprire la storia di Dio con gli uomini – e quindi non solo il Vangelo, ma tutta la Bibbia – in modo fisico. Per questo vogliamo andare in Terra Santa”. Il primo incontro tra Educatori Senza Frontiere con gli insegnanti di Betlemme ha già suscitato parecchia curiosità nei betlemiti che non vedono l’ora di lavorare ancora insieme seguendo questa “pedagogia del cammino e della speranza” alla scoperta dell’educazione, quella che cambia il cuore e la coscienza di sé, quella che va oltre i muri, quella insomma che può davvero aiutare nel processo di costruzione di una cittadina che fatica a credere nel futuro.

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