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“Da Betania a Palermo per scoprire il mare”. L’iniziativa della parrocchia dei Santi Cosma e Damiano

19 Novembre 2019
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“Da Betania a Palermo per scoprire il mare”. L’iniziativa della parrocchia dei Santi Cosma e Damiano
“Da Betania a Palermo per scoprire il mare”. L’iniziativa della parrocchia dei Santi Cosma e Damiano
“Perché è il mare è salato? Ma tutto quanto?”, domanda innocentemente Hussam guardando il mare. È uno dei sette bambini dell’orfanotrofio Jeel al-Amal (Generation of Hope) School and Home for boys di Betania che sono stati ospitati da alcune famiglie della parrocchia dei Santi Cosma e Damiano a Palermo dal 29 ottobre al 5 novembre. I bambini, tra i 9 e i 13 anni, hanno soggiornato nelle case palermitane partecipando alle attività organizzate dalla parrocchia: cene comunitarie, gite in montagna e, per la prima volta nella vita, al mare.  Una mamma che ha accolto questo progetto di ospitalità racconta: “Quando siamo andati a fare una passeggiata sul lungo mare credevamo che si volessero bagnare solo i piedi, ma appena i bimbi hanno visto il mare si sono buttati in acqua vestiti!” I bambini del centro Jeel al Amal, in arabo ‘generazione della speranza’, vivono al di là di uno dei 62 muri sorti nel mondo dopo il crollo del muro di Berlino: la barriera di separazione tra Israele e i territori Palestinesi. Da Betania, la città di Lazzaro, per via del muro, non vi è più un accesso diretto a Gerusalemme e gli abitanti sono sottoposti a limitazioni di movimento: per questa ragione per i bambini dell’orfanotrofio non è facile avere la possibilità di viaggiare e fare gite. Un’iniziativa di solidarietà fortemente voluta da don Massimo Pernice, giovane ed energico sacerdote palermitano, ed Osama Hamdan, direttore del Mosaic Centre, con Associazione pro Terra Sancta. Il sacerdote palermitano ci racconta: “Abbiamo fatto una promessa quest’estate e abbiamo visto negli occhi di questi bambini un po’ di sfiducia. Per mostrare loro la nostra serietà abbiamo organizzato questa prima trasferta per ottobre”. L’idea di Padre Massimo è di ospitare per un mese  di ogni estate alcuni dei cento ragazzi vivono nella casa famiglia fondata nel 1972 dalla coppia di cristiani palestinesi Alice and Basil Sahhar per bambini che hanno perso o sono stati abbandonati dai loro genitori. “Il più piccolo dei due bambini che abbiamo ospitato, inizialmente, ha avuto difficoltà ad adattarsi alla nuova situazione. Dai suoi atteggiamenti diffidenti e dai suoi occhi tristi si vedeva chiaramente una grande sofferenza”, racconta Tiziana. “Abbiamo saputo che il padre ha un tumore terminale e la madre l’ha abbandonato per risposarsi. Grazie ai momenti passati con i miei tre figli si è lasciato andare e finalmente abbiamo visto un sorriso sul volto e la voglia di giocare”. “In questo scambio abbiamo dato, ma soprattutto ricevuto tanto”, aggiunge il marito. “I nostri figli hanno vissuto un’esperienza di accoglienza fondamentale. Il più piccolo non voleva che i nuovi amici se ne andassero, mentre Marco, nostro figlio quattordicenne, ci ha detto di voler venire a Betania per fare un’esperienza di volontariato nella scuola”. Padre Massimo ha un’idea molto chiara di come va vissuto pellegrinaggio: per lui conoscere la Terra Santa significa conoscere non solo i luoghi in cui ha vissuto Gesù, ma anche l’incontro con le persone che oggi vi vivono. In questi giorni, con un gruppo di pellegrini, è tornato a per fare visita ai bambini della School and Home di Betania ed ha incontrato i ragazzi del Mosaic Centre di Gerico.  “L’arte è un veicolo che aiuta molto lo scambio tra culture”, afferma don Massimo che sin dalla sua prima visita in Terra Santa nel 2016 ha instaurato un rapporto di grande amicizia e collaborazione con Osama e i ragazzi del Mosaic Centre. “Noi palermitani ci sentiamo vicini alla Palestina perché la nostra città è impregnata di cultura e arte araba”. Ogni volta che visita il centro propone un momento di dialogo e la visita alla moschea locale: “È un’esperienza importante. Un fedele ci ha recitato la sura coranica in sui si parla di Gesù e Maria e mi ha baciato la mano quando ha saputo che sono un sacerdote. Credo che nella differenza si trovi sempre quella forza che unisce”.
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