L’escalation di violenza in questi giorni richiede un grande sforzo umanitario e aiuti immediati. La nostra Associazione continua a sostenere questi luoghi bellissimi ma feriti durante le emergenze senza rinunciare a mantenere la sua identità: una no profit la cui missione è costruire ponti di pace.
Perché continuare a sostenere attività culturali ed educative per costruire la pace quando, in tutta la Terra Santa, il conflitto in corso non sembra voler cessare? Lo abbiamo chiesto a Carla Benelli, responsabile dei progetti di Conservazione e Sviluppo di Pro Terra Sancta.
“Se ci fossimo dovuti fermare per la guerra, non avremmo fatto mai niente”, esordisce “e fra questi progetti che si concentrano sulla tutela e sulla valorizzazione di luoghi storici e di culto della Terra Santa coinvolgendo la comunità locale, c’è anche il Terra Sancta Museum”.
Il museo, luogo di incontro e scambio, è rimasto chiuso a lungo per via del coronavirus ed ora rimane chiuso per i violenti scontri che avvengono a Gerusalemme. Le attività didattiche che coinvolgono i più piccoli rimangono sospese in attesa di una tregua.
Eppure, anche la mancanza di flusso turistico, di pellegrini e di pubblico locale è stata sfruttata in modo positivo: “il Covid ci ha permesso di completare il restauro della tomba di Lazzaro a Betania e iniziare quello di alcuni oggetti relativi al Santo Sepolcro senza intralciare le visite”, spiega Carla.
Da molti anni pro Terra Sancta è impegnata nella formazione di ragazzi e ragazze locali all’arte dell’artigianato artistico e del restauro. Recentemente ha avviato la produzione di candele profumate al nardo con le donne di Betania.
Questi progetti di sostegno e valorizzazione del patrimonio culturale a beneficio delle comunità locali non possono fermarsi, anche se non si possono fare compromessi sulla sicurezza di chi ci lavora e di chi viene in visita.
“La pace si costruisce più che mai in tempo di guerra. In questo momento è importante esserci per tutti, non per prendere parti ma per conservare tutto ciò che serve per affrontare le cause del conflitto”, prosegue Carla riuscendo a trovare una solida ragione di speranza in una situazione tesa e complicata.
La storica presenza della nostra Associazione in Terra Santa ci permette cioè di pensare nel lungo termine: proteggere la memoria storica e l’identità del popolo palestinese, aiutare le comunità locali a rafforzare il proprio senso di appartenenza, significa regalare loro gli strumenti per creare un futuro migliore.
I nostri progetti sono dedicati in particolar modo alle fasce sociali più deboli: donne, bambini, giovani adulti, portatori di handicap. Queste sono anche le fasce sociali più colpite dalla guerra: come dimenticare i tanti bambini periti o traumatizzati a causa dei bombardamenti?
“Ai ragazzini che mi dicono che vogliono combattere dico sempre: allora studia!”. Scoprire, conoscere e capire sono armi potenti per comprendere noi stessi, gli altri e il contesto in cui viviamo. “I ragazzi colti sono i ragazzi che potranno rispondere alla violenza con la conoscenza. Sono i ragazzi che costruiranno la pace”, conclude Carla.
C’è del buono in questa situazione: una timida presa di coscienza da parte dell’occidente di un conflitto che continua da decenni e che non si limita certo a Palestina e Israele. Una presa di coscienza cauta, certo, ma da cui non si può tornare indietro.
È una conferma del fatto che la rivoluzione pacifica parte dalla conoscenza e dalla comprensione. Le cause di questo scatenarsi di violenza sono comprensibili ma non giustificabili. Non condividiamo la violenza.
Le armi di cui vogliamo essere dotati noi sono da cercare fra le vetrine di un museo, nei laboratori di restauro, mosaico e ceramica che hanno regalato a tanti ragazzi un modo di essere creativi e uno sbocco lavorativo concreto. Queste sono, paradossalmente, le armi che ci aiuteranno a costruire una pace solida e duratura.