Nel centro storico di Betlemme, a pochi passi dalla Basilica della Natività, molti edifici sono abbandonati e fatiscenti. Un tempo questi erano negozi e case in gran parte proprietà di cristiani che sono fuggiti dalla furia di un conflitto che serpeggia ancora oggi silenzioso per le strade della città dove è nato Gesù. E così come molti hanno abbandonato quelle proprietà, la speranza sembra aver abbandonato i cuori degli uomini e delle donne che invece rimangono. Per sostenerli è in corso la realizzazione di Dar Al Majus Community Home, un centro culturale particolarissimo.
Abbiamo chiesto a Vincenzo Bellomo, responsabile dei progetti di Associazione pro Terra Sancta a Betlemme, di parlarcene. Vincenzo vive lì da 13 anni ed è uno dei principali promotori del progetto. “Per me personalmente – dice – si tratta innanzitutto della realizzazione di un sogno e di un impegno di 13 anni a Betlemme. Un regalo inaspettato per la sua bellezza e grandezza, che la Provvidenza ha voluto fare alla comunità di Betlemme, così provata dalle tensioni. Da anni cercavamo di dare forma a un luogo che potesse rispondere alle esigenze della comunità, dove raccogliere in un unico posto le tante attività che portiamo avanti, incoraggiare il dialogo tra coloro che sono rimasti e che allo stesso tempo potesse mostrare a chi lo visita (i pellegrini in particolar modo) il volto di questa città attraverso il nostro appassionato impegno e la vita”. Dar Al Majus in arabo, significa “la Casa dei re Magi”, i primi “stranieri” che si sono recati in viaggio per andare incontro alla Salvezza incarnata. “I Magi – continua – sono venuti da lontano, fisicamente ma anche culturalmente, e si sono lasciati trasformare. Da loro vogliamo recuperare la bellezza del viaggiare, il viaggio insieme verso la speranza, ma anche la bellezza del viaggio di chi viene qui. Poi c’è il concetto del dono, il dono di sé, la condivisione e l’annuncio della bellezza del fatto cristiano che qui è accaduto, ha preso forma umana”.
Il centro sarà dunque un luogo di accoglienza ed incontro, pensato per la comunità di Betlemme, ma anche per i pellegrini in visita. Sarà strutturato su due piani, al piano terra è previsto uno spazio dedicato a iniziative culturali e di incontro, con l’obiettivo di raccontare la storia della Natività, ma anche della convivenza e della bellezza dell’annuncio cristiano custodita dalle comunità vive. Sarà aperto a tutti e permetterà ai pellegrini in visita alla Basilica della Natività di entrare ancor di più in questa realtà. Allo stesso tempo gli abitanti di Betlemme potranno acquisire più coscienza della loro storia e rendersi conto dell’enorme patrimonio di cui sono custodi. “Per lo stesso motivo – dice ancora Vincenzo – al primo piano, dopo questa parte culturale, ci saranno degli spazi dedicati al lavoro, e in particolar modo alla formazione e sostegno di giovani, donne e chi è svantaggiato. Ci saranno aree di co-working, consulenze per orientamento al lavoro, ma anche luoghi di ascolto e sostegno psicologico, spazi di formazione e moltissime altre attività di tipo culturale”.
Allo stato attuale è iniziata la fase di progettazione che fin dal suo esordio ha visto il coinvolgimento della comunità: per l’ideazione del progetto è stato avviato un concorso tra giovani architetti locali per trovare il gruppo che si occuperà della realizzazione di questo sogno. Quattro team di architetti hanno presentato le loro idee in un incontro avvenuto all’interno delle sale della struttura; tra loro verrà scelto il lavoro che più saprà raccontare, attraverso la sinergia degli spazi, l’incontro tra i pellegrini e la città, tra i suoi abitanti e il loro passato. Da tutte le presentazioni dei ragazzi è emerso il desiderio di creare qualcosa di bello per la loro città, di mettere in gioco le loro capacità per ideare un edificio a beneficio di tutti. Il progetto è solo all’inizio, mancano ancora tanti fondi per portare avanti i lavori, ma la passione con cui la popolazione di Betlemme ha colto il progetto, fa ben sperare per il futuro e per la sua imminente realizzazione. “Sostenere questo progetto – conclude Vincenzo – significa sostenere una comunità in difficoltà, non una qualsiasi comunità però, ma la comunità che da secoli custodisce il luogo dove è nato Gesù, dove tutti siamo nati, l’origine della nostra fede”.
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