“Tutta la mia famiglia è in Canada, mi vorrebbero vicino, ma la mia vita è qui e io non so cosa fare.” Così racconta Issa, un signore sulla quarantina incontrato per caso in un ristorante di Betlemme. “Qui la vita è difficile, ho due figli, sono solo adolescenti, ma entrambi vogliono andare via da Betlemme appena potranno.” Continua con voce malinconica: “Quando ho finito di studiare i miei genitori si sono trasferiti in Canada in cerca di una vita migliore, io ho deciso di rimanere. A Betlemme i cristiani sono sempre di meno e questa è la mia terra, ci sono nato e cresciuto e voglio rimanere. Ma con questa guerra verrò abbandonato anche dai miei figli.”
I cristiani originari della Terra Santa nel mondo sono 1 milione, di questi solo 250 mila vivono ancora qui. Solo un quarto di loro ha deciso di restare, ma sia chi resta sia chi va apre dentro di sé una ferita.
“Tutti i fratelli di mio marito e anche i nostri figli vivono in Italia, ci chiedono sempre di andare a vivere da loro, ma per adesso vogliamo rimanere qui a Betlemme.” Sarah e suo marito sono vicini alla pensione, una famiglia quasi completamente sradicata, ma che ancora ha in questa coppia un ultimo ponte con la propria terra natale. “Vogliamo restare perché ormai la nostra vita è qui, e non vogliamo che la nostra famiglia si dimentichi di Betlemme, ma così non potremo vedere i nostri figli neanche una volta all’anno.”
Insieme a chi ha deciso, nonostante tutto, di restare, c’è anche la voce di chi ha deciso di partire. “Ho studiato economia in Italia, sarei potuta rimanere a vivere là e probabilmente avrei avuto una vita migliore, ma ho deciso di tornare. La mia comunità è qui.” Nelle sue parole Rasha mostra un valore molto importante per i cristiani di Betlemme: la comunità, quelle persone che ti conoscono da quando sei nato e che si sostengono a vicenda nei momenti di difficoltà, soprattutto adesso. Ma a volte la comunità non basta: “I miei due bambini sono rimasti traumatizzati dalla guerra, dai razzi del 7 ottobre e dalle immagini di Gaza che i telegiornali di qui mandano in continuazione. Amo questa città e questa comunità, ma non posso accettare che i miei figli sopportino questo male. Ho deciso di andare a vivere in Italia con la mia famiglia”.
Tra queste persone c’è anche chi, contro ogni aspettativa, ha deciso di ritornare: “Io e mio marito abbiamo studiato farmacia in Italia, saremo potuti restare là ma abbiamo deciso di ritornare a Betlemme”. Con voce tranquilla Nadia racconta la sua storia: “Certo, sono tornata perché la mia famiglia mi voleva qui vicino e perché sognavo una vita tranquilla nella mia città natale, chi non lo vorrebbe? Non dispero per questa situazione, prego che possa tornare finalmente la pace e cerco di crescere i miei figli insegnandoli ad amare i loro vicini nonostante tutto, è così che cerco di avere un po’ di pace, almeno partendo da casa mia.”
Tantissimi cristiani di Palestina, negli anni, sono migrati in tutto il mondo, soprattutto in sud America, tanto che oggi in Cile ci sono più famiglie originarie di Betlemme che nella stessa Betlemme.
“I miei genitori sono nati in Cile da genitori betlemiti, appena sposati hanno deciso di tornare qui. Chiunque lasci Betlemme avrà sempre il sogno di poterci tornare e trasmette questo sogno ai suoi figli, come penso capiti a chiunque è costretto a lasciare la propria terra natale.” Così Rose comincia a raccontarci il perché la sua famiglia ha deciso di ritornare a Betlemme. “Certo, ora la situazione è difficile: la guerra, la crisi economica e tutto il resto, ma i miei genitori sono tornati perché sono certi che qui si può costruire un futuro tranquillo. Ora è difficile, ma sono ancora convinta che tornare sia stata una buona idea: prego e spero che le cose possano andare meglio.”
Rose, Nadia e suo marito, come tanti altri, hanno deciso di tornare perché sono convinti che solo il lavoro di ogni singola persona può cominciare, tentativamente, a costruire la pace in questa terra così travagliata.