Fra Firas Lufti è superiore della comunità francescana al Collegio di Terre Sainte di Aleppo. É anche vice parroco presso la chiesa di San Francesco d’Assisi, ormai punto di riferimento per molti in città, cristiani e non. In un’intervista, ci racconta di sè e del lavoro dei francescani.
Padre Firas, cosa fanno i francescani ad Aleppo in questa situazione disastrosa?
La nostra attività principale è l’accoglienza. C’è il collegio Terre Sainte, collocato all’entrata di Aleppo: una grande struttura di un ex collegio che attualmente accoglie giovani e famiglie della città. È un luogo ancora abbastanza sicuro. È dotato di uno spazio enorme dove i bambini possono giocare lontano dalle bombe e le famiglie possono stare tranquille.
Poi c’è il centro d’accoglienza per anziani e malati, nato dopo i bombardamenti di sei o sette mesi fa in città vecchia. Anche qui le persone sono un pò più sicure e visto che la struttura è organizzata per questo servizio, possono usufruirne. Almeno hanno un pò di elettricità, acqua e medicinali.
Il collegio viene anche usato come centro estivo: qui si riuniscono tutti i cristiani di Aleppo dato che c’è molto spazio. E siccome è difficile entrare e uscire dalla città, allora in molti si fermano qualche giorno.
Di quante persone si tratta?
D’estate, se sono vari gruppi in contemporanea, parliamo di 200 o 300 persone. Ultimamente hanno iniziato a venire anche tanti bambini profughi musulmani, una volta ci è arrivato un gruppo di 600 ragazzi! I volontari organizzano giochi e altre attività per cui è necessario molto spazio. Per questo ormai esiste solo il Collegio Terre Sainte. Prima, quando la presenza cristiana ad Aleppo era significativa, i campi di formazione si svolgevano fuori dalla città. Ora Aleppo è chiusa, quindi rimane solo la possibilità di trovare una struttura adatta all’interno della città. Come la nostra, insomma. La permanenza al centro è gratuita, un fatto che stupisce sempre, perché è difficile trovare un posto con tutte le caratteristiche del collegio Terre Sainte gratuitamente.
Cosa rappresenta la vostra presenza per la città di Aleppo?
Anche qui rispondo: l’accoglienza e la carità sono i due aspetti che ci caratterizzano di più. Ma ce n’è un terzo, l’unità con gli altri. Io sono anche viceparroco della parrocchia di San Francesco d’Assisi. È l’unico luogo che accoglie tutti e per questo è diventata un simbolo per i cristiani di Aleppo, ma anche per gli altri.
Il nostro compito, come francescani, è sempre stato il cercare l’incontro con le altre Chiese. Con la guerra questo ha avuto dei risvolti incredibili. Penso sempre all’abbraccio tra Papa Francesco e Kirill, che ci ha fatto rendere conto del fatto che siamo già uniti nel martirio. Noi, nel bel mezzo di questo mosaico di confessioni, facciamo di tutto per testimoniarlo.
A proposito di questa unità, qual è il ricordo più bello che hai?
È stato sicuramente il ritrovare tutta la chiesa unita per un funerale o un matrimonio. Ortodossi e cattolici che piangono insieme o gioiscono per un matrimonio, per una famiglia che nasce nonostante tutto. Si, ecco, è il fatto di potersi sentire fratelli uniti concretamente.
Aiutare Aleppo vuol dire rendere possibile tutto questo.