Come ogni giovedì mattina, Ghada H., Monika, Ghada S. e Nuha si ritrovano attorno al grande tavolo dell’atelier di Bet-women. È Ghada H. a prendere la parola per prima: “la linea di Natale deve essere pronta entro le prime settimane di Novembre”, ricorda alle sue colleghe e amiche.
Ghada S. scarabocchia un appunto nella sua agenda e aggiunge: “Sarebbe ideale: così possiamo fare delle belle foto e pubblicarle sul nostro sito e su Facebook e iniziare a fare pubblicità il prima possibile”.
Le Bet-women, le donne di Betlemme, non vogliono mollare. “Questa impresa deve continuare ad esistere”, ci dice Ghada S., “vogliamo entrare nel mercato e solidificare la nostra posizione. Vorrei che questo lavoro diventi il mio futuro, il futuro della mia famiglia”.
Monika, che si occupa di acquistare il materiale per produrre borse, grembiuli, presine, zaini, pochettes e quant’altro, svuota sul tavolo il suo bottino della giornata: tanti ritagli di stoffa. Sono i campioni fra cui scegliere per realizzare i nuovi modelli disegnati da Ghada H..
Adesso sì che la riunione può iniziare: è tempo di fare delle scelte, pianificare il lavoro, dividersi i compiti e darsi da fare!
Cos’è Bet-women?
Bet-women è un progetto di Pro Terra Sancta nato a marzo 2020 durante la pandemia. A causa delle misure contenitive contro il diffondersi del Covid-19, i lunghi lockdown e la chiusura delle frontiere, l’economia di Betlemme, basata sul turismo di carattere religioso, è tracollata rovinosamente.
“Non potevamo chiedere aiuto a nessuno”, dice Monika con uno sguardo triste, “quasi tutti erano senza lavoro. Tutti quelli che conosco erano nella stessa situazione”. I mariti delle Bet-women, infatti, erano quasi tutti impiegati nel settore turistico. Ad oggi solo due di loro hanno ricominciato a lavorare, ma in un settore diverso.
Il peso di contribuire al mantenimento della propria famiglia ricade totalmente sulle spalle delle nostre ragazze. La nostra Associazione, che sostiene le comunità locali della Terra Santa, le pietre vive testimoni della vita e delle opere di Gesù, le ha aiutate a sostenere questo fardello.
Da progetto a impresa
Durante la primavera del 2020 è stato attivato un corso di formazione e avviamento al lavoro sartoriale per un gruppo di donne dai 25 ai 45 anni. Due designer locali, Yasan e Nadia, hanno insegnato alle ragazze come utilizzare le macchine da cucire per realizzare delle mascherine da distribuire gratuitamente alle opere di carità che sosteniamo a Betlemme.
È stato un modo semplice ma efficace di fare del bene: lo stipendio fisso erogato alle partecipanti le ha aiutate a coprire le spese durante un periodo difficile e le mascherine hanno protetto bambini e anziani fragili dal contagio.
Quello che prima era un progetto di formazione e risposta all’emergenza sanitaria è diventato in fretta un’idea imprenditoriale: un business tutto al femminile con una forte identità culturale che si rivolge ad un mercato locale e internazionale.
Le prime sfide, i primi successi
Quando Ghada H. scorre con le mani i grembiuli e le borse appese sulla rella nel laboratorio, le si illuminano gli occhi: “All’inizio avevo paura di non essere abbastanza brava”, dice, “non avevo mai usato una macchina da cucire prima!”. Paura di non essere all’altezza ma anche di non riuscire più ad essere presente per la sua famiglia.
Portando alle nostre ragazze le macchine da cucire a casa, il problema però si è risolto: “possiamo lavorare dalle 4 alle 6 ore al giorno. Importa solo che il prodotto sia finito entro la scadenza che ci siamo date”, ci dice Ghada.
Le sue potenzialità, però, non si limitano al cucito. A 40 anni si è rimessa in gioco e ha partecipato a un master sulla gestione delle Risorse Umane all’Università di Betlemme.
Donne, mamme, imprenditrici
Anche Ghada S. è tornata a studiare. Si è appassionata di marketing e comunicazione. È lei a gestire la pagina Facebook e il sito di Bet-women. Aiuta anche Ghada H. a tenere la contabilità e il resoconto degli ordini. Tutto questo con tre adolescenti in casa. “Le mie figlie sono contentissime del mio lavoro”, dice, “sto insegnando anche a loro a cucire!”.
Monika si accarezza la pancia: è in attesa della quarta figlia ma non si ferma un attimo e continua imperterrita a sollevare scatole e grossi rotoli di stoffe. Nuha, la più anziana del gruppo, cerca inutilmente di levarle un borsone di mano.
“Queste stoffe colorate, con tutti questi motivi geometrici, raccontano le nostra storia”, dice Nuha mentre esamina un quadrato di tessuto verde. I prodotti di Bet-women sono un’esplosione di colori su sobri sfondi neri, panna, verde e rosso: i colori della Palestina.
Ogni grembiule, ogni borsa, tutti i cuscini hanno qualcosa di speciale: parlano di un'identità culturale da valorizzare. Tutte le ragazze concordano: vogliono crescere e avere successo. Vogliono diventare indipendenti e continuare ad espandersi.
“Vogliamo far conoscere i nostri prodotti a Betlemme e al mondo”, ci dicono, “vogliamo spiegare alle persone chi sono le Bet-women. Vogliamo continuare ad essere Bet-women!”.