Rodi, conosciuta per il suo famoso colosso e per il suo mare caldo e cristallino, vive una da anni una tragedia sconosciuta, dove si intrecciano storie di povertà e di guerra. La crisi economica che ha colpito la Grecia fatica a risolversi, e le piccole isole che si affacciano sul mar mediterraneo sono da tempo rifugio di migliaia di profughi che lasciano il Medio Oriente per cercare fortuna e vita.
Lo sa bene padre Luke Gregor, francescano della Custodia di Terra Santa e coordinatore del progetto destinato ai profughi che aiutiamo da anni. Aiuta coloro che sbarcano, li consola, ascolta le loro storie piene di dramma e speranza, si adopera come può per restituire un futuro negato a tutte quelle famiglie siriane e o irachene che toccano – impaurite – quel lembo di terra bagnato dal mar Mediterraneo. La storia che ci racconta, una delle tante, è quella di Mohamed: “È stata una vera lotta cercare di negoziare il trasferimento di Mohammed e della sua famiglia dal macello all'appartamento”, racconta.
Il macello di cui parla è a tutti gli effetti un campo profughi, e Mohamed un giovane sposo che con sua moglie, in attesa di un figlio, sono scappati dalla guerra. “Non è gran che, ma è abbastanza pulito e sicuro”. Non c'è la lavatrice, ma questo non è un grosso problema: “anni fa ho messo una lavatrice nell'aula parrocchiale della chiesa – racconta - in modo che i filippini senza la lavatrice potessero lavare i loro vestiti ed è stato un grande successo. Buffo come le cose che diamo per scontate siano come un gioiello prezioso per gli altri”.
Padre Luke si impegna, e lotta contro la burocrazia per accogliere la famiglia nell’isola e mettergli a disposizione le cure sanitarie: “è una lotta infinita! La moglie di Mohamed dà alla luce la piccola Allam, ma nel giro di poco di tempo, a causa delle severe condizioni di vita, si ammala alla pelle. Nel luogo dove vivevano non c’era nemmeno elettricità!”. La situazione è difficile, a tratti grave: “La piccola aveva proprio una grave infezione, con una reazione allergica acuta. La prima volta che sono andati al pronto soccorso l’hanno mandata via con un flacone di crema per la pelle! Dopo due giorni stava molto peggio e aveva difficoltà a respirare. Ricordo che si muovevano nell'oscurità di questa baracca senza finestre con una piccola torcia a batteria!! Li ho rimandati in ospedale: la seconda volta è stata ricoverata e le è stata somministrata una terapia endovenosa!”.
Oggi stanno meglio, e vivono non lontano dalla Chiesa di Santa Maria, la parrocchia di padre Luke. “Sono in grado di monitorare quotidianamente i progressi del bambino. La bambina Allam sta molto meglio e stiamo acquistando i diversi farmaci necessari. Ora posso occuparmi dei bisogni di Mohammed, il padre, che ha problemi alla schiena. Spero di trovare un fisioterapista che lo curerà. Non molti sono aperti ai rifugiati perché pensano ancora che contrarranno il Covid, ahimè, è una possibilità, ed in effetti un miracolo che io non sia positivo!”.
Tanti rifugiati hanno anche dei problemi psicologici, ed è una croce che si aggiunge alle altre: “affrontiamo ogni problema non appena arriva. Chi viene a Rodi, se decide di restare, ha bisogno anche di imparare un po’ di greco. Mi chiedono spesso se posso trovare lavoro per Mohammed, ma è quasi impossibile perchè non hanno residenza e non possono essere assicurati... Vedremo cosa si può fare in futuro. Siamo in quarantena completa, quindi tutto ciò che possiamo fare è molto limitato. Sono sicuro però che tutto l’aiuto è un'indicazione della mano della Divina Provvidenza”.
Con un’ultima, grande certezza che lo accompagna e che ripete sempre: “Chiunque fa queste cose a uno dei più piccoli le fa a me. Lo diceva Gesù”.