Padre Guillermo Javier Fabrega, in arabo padre Abuna Elias, vicario parrocchiale appartenente all’ordine della Famiglia Religiosa del Verbo Incarnato, vive a Gaza ormai da quasi un anno. “Di cose da fare”, racconta, “ce ne sono tante”, e parlando della suo coinvolgimento personale nella Striscia di Gaza, spiega: “Mi occupo soprattutto di giovani disabili, é una delle attività che consideriamo alla base della nostra missione”.
Padre Guillermo accoglie e cura ragazzi disabili dal 2009 all’interno di una struttura “provvisoria e improvvisata”, l’appartamento dell’ordine a Gaza, che, passo dopo passo, dovrá essere adeguato alle esigenze di persone disabili e operatori.
Quante sono le persone disabili nella Striscia di Gaza?
Molte. Includendo anche le vittime del conflitto del 2009 credo la cifra superi, secondo dati forniti dalle organizzazioni che vi operano, i 12.000. E’ una realtá poco diffusa, e il vero problema é che esistono diversi centri di riabilitazione, ma pochissimi centri di accoglienza per persone disabili. Che io sappia siamo solo in tre.
Qual’é la differenza tra un centro di riabilitazione e una casa di accoglienza?
I centri sono diurni: i pazienti vi vengono accompagnati per qualche ora per seguire specifici trattamenti o cure. Le case come quella gestita da noi preti, invece, accoglie le persone disabili 24 ore su 24 fornendo un’assistenza continua.
Un grande impegno.
Sí é molto faticoso, soprattutto perché la nostra struttura non é adatta all’accoglienza di disabili: mancano tutte le facilitazioni necessarie, dagli scivoli per salire le scale ai letti e i bagni per persone con difficoltá motorie. Ad occuparci dei ragazzi, poi, siamo solo in due, quindi l’impegno é costante e continuo.
Quanti ragazzi avete attualmente?
Per il momento sono solo tre, proprio perché non abbiamo spazi, personale e le attrezzature necessarie. Ma vorremmo aumentare il numero perché le richieste sono numerose e molte famiglie hanno bisogno di aiuto. Grazie al sostegno di ATS Pro Terra Sancta speriamo di poter aumentare le persone accolte entro la fine dell’anno.
Che problemi hanno i ragazzi che si trovano attualmente nella vostra casa?
Sono tre ragazzi in etá adolescenziale con gravissimi handicap motori: necessitano di assistenza continua, riescono a dire solo poche parole e non riescono praticamente a fare niente da soli. Uno di loro, che ha ormai 20 anni, ha crampi in tutti i muscoli perché non ha ricevuto l’attenzione e le cure necessarie da piccolo: in questi casi serve molta fisioterapia, assistenza continua.
I disabili vengono accettati all’interno della societá?
Bisogna appunto tenere presente le condizioni socio- culturali della società nella quale operiamo: la nascita di un bambino disabile all’interno di una famiglia musulmana non è considerata una benedizione- i bambini con problemi vengono tenuti nascosti, non riconosciuti come figli. Siamo una realtà piccola, ma svolgiamo un ruolo importante occupandoci di quelle persone e famiglie che altrimenti non riceverebbero nessun tipo di sostegno economico e morale per accudire i figli disabili.
Il fatto che siano cristiani ad occuparsi dei bambini musulmani non é un problema?
No, non credo. Vengono sicuramente rotti molti schemi, ma é proprio questa la cosa bella. Pur appartenendo a un’altra religione, si può dire che stiamo compiendo una delle azioni fondamentali per l’Islam: la carità verso il prossimo, e quindi la nostra attivitá viene accettata.
Com’é la vita a Gaza?
Inutile negare che la situazione è problematica, Gaza è un posto decisamente particolare sotto molteplici punti di vista. Pensiamo anche all’acquisto di materiali per le ristrutturazioni, per rendere gli ambienti adatti all’accoglienza dei minori: molte cose non si trovano, o bisogna comunque accettare qualità più scadenti perché si comprano sul mercato interno.